Tunisia: organizzazioni segrete minano la democrazia

Secondo il sito Nawaat.org, un’oscura vicenda di traffico d’armi svelerebbe il coinvolgimento del partito islamico Ennahdha in un’organizzazione segreta parallela.

Durante la dittatura mafiosa di Ben Alì e dei familiari di sua moglie Leila Trabelsi, le pratiche di spionaggio, traffico e contrabbando di armi erano moneta corrente, oggetto delle chiacchiere sussurrate a bassa voce nei caffè e nelle case private.

L’insopportabilità del giogo dittatoriale con il suo corollario camorristico à la tunisienne è stata senza dubbio la scintilla che ha fatto esplodere la rivoluzione.

Ora ritrovarsi su un palcoscenico diverso lo stesso spettacolo era lungi dall’essere prevedibile e il gioco delle parti è quasi inesplicabile, così come comprenderne la regia.

Eppure succede nella Tunisia post-rivoluzione di rivivere un déjà-vu a tinte fosche con la differenza che a parlarne non è un nostro amico che, guardandosi attorno sospettoso, ci confida i misfatti del governo, ma è il sito Nawaat.org che l’8 gennaio 2013 pubblica online un’inchiesta che certamente scatenerà polemiche.

Questo fatto dimostra ampiamente la vitalità dei media non tradizionali che tuttavia in Tunisia rischiano ancora molto (come è successo a Olfa Rihai, la bloggeuse che ha indagato su alcune spese del Ministro degli Esteri tunisino non proprio giustificabili e alla quale è stato vietato di lasciare il paese, vedi tunisienumerique.com).

Tutto era cominciato con la pubblicazione da parte del sito Nawaat.org di un paio di articoli, corredati da video esplosivi in cui si poteva assistere a una trattativa per l’acquisto di armi fra un noto imprenditore, Fathi Dammak, e due personaggi di nome Alì e Belahassan. Le armi sarebbero dovute servire a un gruppo criminale per l’organizzazione di rapimenti e uccisioni di uomini d’affari, giudici e altre persone in vista. Fra questi Chafik Jarraya, un altro assai discusso imprenditore. Dammak si trova attualmente in prigione con l’accusa di congiura.

Per due settimane Nawaat ha voluto approfondire la vicenda, soprattutto a fronte del fatto che i due uomini in trattativa con Dammak fossero tornati in libertà. Durante l’inchiesta, alcuni individui che si sarebbero dichiarati appartenenti alla Ligue pour la protection de la révolution (legata a Ennahdha) avrebbero fatto capire ai giornalisti che dovevano fermare le loro indagini (incontro registrato).

Peraltro, sembrerebbe che molte anomalie siano state riscontrate nei processi verbali delle denunce contro Dammak fatte da Belahassan e Alì presso la sede della polizia giudiziaria di El Gorjeni a Tunisi, dove i due personaggi si presentavano come “in missione” per conto una sezione speciale del Ministero degli Interni .

Ma nessuno dei responsabili di El Gorjeni avrebbe mai verificato la veridicità delle loro “referenze”.

La scoperta più sorprendente è che i due uomini in trattativa con Dammak per le armi, sarebbero membri del partito islamico Ennahdha: Belahassan Nakache, mini-sindaco della municipalità di Medina Jedida (governatorato di Ben Arous) e Alì Ferchichi, a capo di una società di servizi. Nel materiale video (oltre sette ore di registrazioni) giunto in possesso di Bettaieb e colleghi si parlerebbe di una “operazione condotta da un apparato parallelo”, al fuori dalla legalità, verosimilmente per mettere Dammak fuori gioco o perché ne esca come capro espiatorio di azioni criminali commesse da altri. Quest’operazione sarebbe stata dunque condotta sotto l’egida di Ennahdha.

Bettaieb e colleghi arrivano a non escludere l’ipotesi che l’apparato parallelo starebbe cercando dei finanziamenti per procurarsi delle armi. A rendere più complicata la faccenda, ci sarebbe il fatto che Chafik Jarraya (uno degli uomini d’affari che sarebbe stato nel mirino di Dammak), avrebbe lui stesso mostrato i video ad una persona che poi non sarebbe altri che la fonte dei giornalisti di Nawaat.

Quale sarebbe lo scopo di Ennahdha, qualora fosse accertata l’ipotesi di Nawaat? E’ ancora accettabile, in un paese dovrebbe avviarsi alla democrazia, l’esistenza di apparati securitari al di fuori del controllo dello Stato? E’ probabile che si tratti degli stessi apparati in vigore sotto la dittatura che si ripropongano al nuovo padrone?

L’inchiesta di Nawaat, firmata da Bettaieb, Hajlaoui e Khadhraoui, termina con una richiesta: “Il partito Ennahdha, il ministero degli Interni et il ministero della Giustizia devono agire in tutta trasparenza e dare chiarimenti all’opinione pubblica riguardo a questa vicenda gravissima. Il tempo dei laboratori segreti e degli apparati clandestini è finito in una Tunisia che aspira a un sistema di governo trasparente e ad uno Stato di diritto“.

L’inchiesta può essere letta nella sua completezza in lingua francese al seguente link: http://24sur24.posterous.com/une-affaire-de-trafic-darmes-presumee-revele

 

Patrizia Mancini

 

 

One thought on “Tunisia: organizzazioni segrete minano la democrazia

  1. Una giovane blogger rischia due anni di carcere per aver messo sotto accusa il ministero degli Esteri sulla gestione dei fondi pubblici. Un caso che dimostra come il citizen journalism continui a vegliare su una rivoluzione ancora in divenire.

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