Quando la Francia odiava Sankara

Sankara disturbava. Per questo è stato assassinato. Quest’opinione è largamente condivisa in Africa e altrove. Lo stesso François Mitterrand in visita in Burkina nel novembre 1986 l’aveva confessato: « E’ un uomo che disturba, il capitano Sankara. […] Non vi lascia la coscienza tranquilla […]. » Per Parigi, Thomas Sankara significava un pessimo scenario per i propri interessi. Infatti, su diversi dossier, il Burkina di Sankara e la Francia non erano sulla stessa lunghezza d’onda. Sankara esprimeva apertamente i suoi disaccordi il che non era cosa gradita dai dirigenti dell’ex potenza coloniale.

Il primo screzio tra il presidente Sankara e la Francia si verifica dopo solo due mesi dalla presa del potere da parte dei « capitani » a Ouagadougou. Sankara decide di recarsi al summit Francia-Africa di Vittel nell’ottobre 1983 per « conoscere e valutare » questo tipo di incontri giudicati inopportuni e neocolonialisti da diversi rivoluzionari burkinabè. A Parigi, Sankara è accolto sulla pista dell’aeroporto al suo arrivo da un certo Guy Penne, ben conosciuto nell’ambiente politico burkinabè per avere giocato un ruolo nell’arresto di Sankara, allora primo ministro, il 17 maggio 1983. Un grave errore di protocollo che il presidente Sankara non lascia passare. Minaccia di riprendere il suo aereo per Ouagadougou. Mitterrand manda suo figlio Jean Christophe e il suo consigliere, lil filosofo Régis Debray, per convincere Sankara. Finalmente, decide di rimanere ma rifiuta di assistere quella sera stessa alla cena data in onore dei capi di stato africani.

Quest’incidente sarebbe passato inosservato se si fosse trattato di un altro capo di stato africano del cortile. Ingoiano incidenti peggiori di questo senza fare storie. Sankara, quindi, dimostrava quali fossero i colori dei nuovi rapporti che voleva avviare tra il suo paese e la Francia. Secondo incidente, sempre in Francia, è l’arresto e costrizione ai domiciliari nel gennaio 1984 di Vincent Sigué, guardaspalle di Sankara. Era anche incaricato delle missioni per conto della presidenza e nell’ambito di questo ruolo si era recato a Parigi. Non avendo rispettato alcune regole tra cui il divieto di portare un’arma, Sigué era stato arrestato all’aeroporto da poliziotti francesi, nonostante il suo passaporto diplomatico. Sankara è furibondo per non essere stato messo subito al corrente dalle autorità francesi, anche se riconosce gli « errori » di Sigué. Esige la sua liberazione immediata, altrimenti tutti gli espatriati francesi a Ouagadougou sarebbero stati sottoposti ai domiciliari. Parigi ottempera.

La calma sarà di corta durata. Nel marzo 1984, l’ambasciatore francese viene respinto da Sankara dopo un breve colloquio in seguito all’espulsione di due ufficiali francesi. Motivo? « Le simpatie della Francia per alcuni oppositori che sfruttano le loro reti di amicizie di cui dispongono negli ambienti della maggioranza politica francese » e che « preparano un tentativo di destabilizzazione », spiega Sankara a Le Blanc, ambasciatore francese a Ouagadougou. Un’altra freddura diplomatica tra le due capitali avviene quando Blaise Compaoré, ministro della Giustizia, delegato alla presidenza, si reca a Parigi. Il numero 2 del Consiglio nazionale della rivoluzione (CNR) è in Francia per una visita ufficiale, ma l’accoglienza è gelida. Blaise viene ricevuto appena a livello ministeriale. Il partito socialista [PS] al potere rifiuta qualsiasi incontro con lui.

Quest’atteggiamento sarebbe dettato dalle simpatie e dalle relazioni del PS francese con Ki-Zerbo (oppositore in esilio) il cui partito è membro dell’Internazionale socialista. Sankara confida all’ambasciatore francese la sua delusione: « Come possono migliorare i nostri rapporti? Abbiamo una possibilità di stabilire una reciproca comprensione se la Francia rifiuta a tempo indeterminato il dialogo? Cosa avete contro la nostra rivoluzione? Il discorso terzomondista di François Mitterrand [a Cancun in Messico nel 1982, NDLR] non serve ad altro che all’uso interno francese e non implica veramente che, per quanto riguarda l’Africa, si possa beneficiare della considerazione della Francia solo a patto che si rimanga nel suo cortile? » Nel corso degli anni, queste incomprensioni supereranno il quadro bilaterale per estendersi alle relazioni internazionali.

Divergenze sui dossier internazionali

Sankara non nasconde le sue divergenze con Parigi sui dossier altamente sensibili per le autorità francesi. Sul conflito in Ciad, mentre la Francia sostiene il presidente Hussein Habré, il Burkina aiuta il GUNT, l’opposizione armata guidata da Goukuni Ouadaï. I principali dirigenti di questo movimento sono ospitati a Ouagadougou e viaggiano con passaporti diplomatici burkinabè. Parigi non apprezza e classifica il Burkina nel girone della Libia di Gheddafi che è anche in conflitto con il Ciad per quanto riguarda la striscia d’Aouzou. Altra mela della discordia, la politica compiacente di Parigi col regime dell’apartheid del Sudafrica. Sankara è scandalizzato per il fatto che la Francia, paese dei diritti umani, guidato dai socialisti dal 1981, accetti di srotolare il tappeto rosso ai dirigenti del regime razzista.

Dapprima fu il primo ministro sudafricano Pieter Botha (giugno 1984), successivamente il ministro degli esteri, Pik Botha (febbraio 1985) che solcarono il suolo francese. Sankara invierà una lettera a François Mitterrand per denunciare « un colpevole compiacimento ». Congiuntamente, invia una protesta al presidente in carica dell’Organizzazione per l’unità africana (OUA), il tanzaniano Julius Nyerere. In visita in Burkina Faso nel novembre 1986, di ritorno da Lomé dove si era celebrato l’incontro Francia-Africa boicottato da Sankara, il presidente Mitterrand viene accusato di essere « complice » della visita in Francia di questi dirigenti sudafricani e di Jonas Savimbi (il leader dell’UNITA, la ribellione angolana). Adottando questa posizione, Sankara vuole parlare a tutta l’Africa per esortare i dirigenti africani a fare blocco contro il potere di Pretoria.

Quando i francesi si lamentano delle probabili ripercussioni per le sue trovate mediatiche e diplomatiche, Sankara risponde: « Non capisco perché ricevete un uomo che ha le mani piene del sangue dei neri sudafricani mentre vi siete rifiutati di ricevere Blaise Compaoré col pretesto che le sue mani gocciolavano di un sangue di cui non vedo perché mi dovrei vergognare ». Sankara si schiera altresì a favore dell’indipendenza del Sahara occidentale, territorio rivendicato tanto dal Fronte Polisario quanto dal Marocco. Sankara è per i Saharawi e dal 1984 effettua una visita rischiosa sul terreno del conflitto. Quanto alla diplomazia francese, quella pende dal lato marocchino. Fino all’assassinio di Sankara, il Marocco aveva sospeso le sue relazioni con il Burkina.

Indizi concordanti sul coinvolgimento della Francia

Nel 1986, la destra francese vince le elezioni legislative e Chirac diventa primo ministro. Jacques Foccart ritorna negli affari con le famose reti che emigrano dall’Africa. Sankara è percepito come un « fenomeno » da tenere d’occhio da vicino, viste le sue influenze sui giovani dei paesi dell’area e i suoi appoggi ai movimenti e agli uomini politici progressisti del continente e non solo. Parigi, per esempio, non sopporto il sostegno del Burkina alla causa degli indipendentisti della Nuova Caledonia. La destra francese, con la maggioranza all’Assemblea nazionale, si arrabbia per « l’arroganza » di Sankara. La posizione del Burkina è un casus belli per i dirigenti francesi. Da allora, i servizi segreti francesi sarebbero stati sguinzagliati per occuparsi di Sankara. Alcune testimonianze  nei media confermano oggi il ruolo giocato dai servizi francesi. Innanzitutto nei media francesi. Il 23 febbraio 2002, la trasmissione di Patrick Pesnot su France inter, Rendez-vous avec M. X, è dedicata all’uccisione del presidente Thomas Sankara. M. X, un ex dei servizi segreti, dichiara : « E’ evidente che, a partire dal ritorno della destra nella gestione degli affari in Francia, i nostri migliori amici africani si sono precipitati ai loro telefoni… per chiedere a Jacques Foccart di porre fine allo scandalo Sankara…»

Successivamente, il giornalista gli domanda: « Secondo lei, col ritorno di Foccart, si pensa veramente di sbarazzarsi di Sankara ? » Risposta del barbouze [uomo dei servizi segreti]: « Sicuramente. » Poi alla domanda: « I servizi segreti avranno un ruolo? », M. X risponde: « Come potrebbe essere diversamente? L’Africa è piena di agenti, di ex che lavorano direttamente per i dirigenti africani o per delle società. Ci sono quelli che sono in attività e che vigilano per salvaguardare i nostri interessi laggiù. » Un’altra testimonianza conferma quanto ha detto. Nel maggio 2008, François Hauter, giornalista del Figaro, confessa durante una conferenza pubblica all’università Cheikh Anta Diop di Dakar, durante la celebrazione della Giornata internazionale per la libertà di stampa: « Ho l’impressione di essere stato usato per assassinare Thomas Sankara. » I fatti rimontano al settembre 1987.

Ha un progetto di reportage sulla rivoluzione burkinabè. Informato, Guy Penne, il Signor Africa di Mitterrand, lo contatta e poi lo introduce presso l’ammiraglio Lacoste. Questi chiama la Direzione dei servizi d’informazioni generali e gli propone d’incontrare il capo delle Operazioni africane. Quest’ultimo consegna al giornalista, in un bar, un dossier per dare sostanza al suo articolo. Il fascicolo comprende delle schede d’informazione su supposti crimini commessi dal potere burkinabè sulle popolazioni civili: torture, intimidazioni e minacce di morte. Il giornalista si reca a Ouagadougou, ma non riesce a verificare queste informazioni. Rivede Guy Penne che lo rassicura sulla loro attendibilità. Il suo articolo ostile alla rivoluzione e al suo capo viene pubblicato. Due settimane dopo,  Sankara viene assassinato. Si rende conto di essere stato usato come un altro quotidiano, le Matin de Dakar, che ha pubblicato nello stesso periodo, un articolo che rendicontava l’esecuzione di una decina di colonnelli burkinabè da parte del CNR. « Ne ho parlato con Guy Penne…

Ho avuto voglia di saltargli addosso… », dichiara il giornalista francese, molto deluso. Ci ha tenuto a fare il suo mea culpa davanti ai confratelli africani riuniti a Dakar nel 2008.

Parimenti, altre testimonianze pubblicate al di fuori dell’Esagono [la Francia] mettono in causa i suoi servizi segreti. A questo proposito, le testimonianze dei liberiani raccolte dal giornalista investigativo italiano, Silvestro Montanaro, per la realizzazione del suo documentario « Ombree africane » sono degne d’interesse. Il documentario è stato diffuso in tre parti, dal 15 al 29 luglio 2009, sul canale italiano Rai 3. Cerca di decriptare le ultime ore del capo della rivoluzione burkinabè attraverso le dichiarazioni di diversi personaggi dell’epoca tra cui i vicini al capo di guerra Charles Taylor. Vengono intervistati anche Jewel Howard Taylor, senatrice ed ex moglie di Taylor, Momo Jiba, generale, ex capo militare di Taylor, Cyril Allen, ex responsabile del National Patriotic Front of Liberia (NPFL), ex partito di Taylor, l’ ex presidente della Compagnia petrolifera nazionale della Liberia, Prince Johnson, l’ex capo delle milizie durante la guerra civile liberiana, senatore Moses Blah, vicepresidente della Liberia.

In questo reportage, l’assassinio di Thomas Sankara è descritto dettagliatamente come il risultato di un « intrigo internazionale », mescolando la Francia e la CIA americana a diverse personalità tra cui Blaise Compaoré e Gilbert Diendéré, capo di stato maggiore particolare alla presidenza del [Burkina] Faso e vero capo dei servizi d’informazioni generali del Burkina. Il citato Cyril Allen ha detto: « – Il piano fu avallato dagli americani e dai francesi. C’era un uomo della CIA nell’ambasciata statunitense in Burkina che lavorava a stretto contatto col capo dei servizi segreti dell’ambasciata francese, loro hanno preso le decisioni più importanti… E i servizi segreti francesi hanno deciso di mettere fuori gioco Sankara. Così sono i fatti. »

Tutte queste testimonianze hanno bisogno di essere tagliate e rafforzate da altre. E’ l’obiettivo a cui mira la domanda posta dal Fronte della sinistra e dei verdi. Pensano che l’apertura di un’inchiesta parlamentare potrebbe chiarire la situazione rispondendo ad alcune domande: « perché Thomas Sankara è stato assassinato? Come è stato possibile questo assassinio? Che ruoli hanno giocato i servizi francesi e i dirigenti francesi dell’epoca? La DGSE sapeva ciò che si tramava e ha lasciato fare? »

Ciò che è sicuro è che Sankara non era d’accordo con la politica francese in Africa. Il suo panafricanismo e il suo anti-imperialismo non si conciliavano con alcuni interessi occidentali in Africa.

Abdoulaye Ly

MUTATIONS N° 23 du 15 février 2013. Bimensuel burkinabé paraissant le 1er et le 15 du mois (contact :mutations.bf@gmail.com)

Fonti: www.Jeuneafrique.com, les dépêches diplomatiques de l’ambassade de France entre 1983 et 1987 relatées dans l’article « Sankara et la France : secrets de famille » en octobre 2007

www.thomassankara.net, dossier de presse sur la demande d’enquête parlementaire

 

 

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