Libia: Pougala risponde alle domande dei lettori

La risposta di Pougala alle domande dei lettori
LE VERE RAGIONI DELLA GUERRA IN LIBIA

Dopo il mio articolo intitolato: “Le menzogne della guerra dell’Occidente contro la Libia“, testo tradotto in una quarantina di lingue in tutto il mondo, ho ricevuto migliaia di email di reazione a favore o contro.

Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono dati da fare per scrivermi. Dato il numero elevato di questi messaggi, era impossibile per me rispondere individualmente a tutti. Così ho deciso di scrivere quest’articolo per rispondere collettivamente ai vostri dubbi e alle domande che ho sintetizzato e raggruppato in questi pochi punti qui sotto. Le risposte che seguono riflettono il mio pensiero più profondo, le mie convinzioni.

GHEDDAFI HA SPARATO SUL SUO POPOLO? GHEDDAFI HA UCCISO 10.000 LIBICI? FALSO!

In quest’espressione « sparare sul suo popolo » c’è già l’intenzione di nuocere al presidente libico. Si vuole manipolare l’opinione suscitando indignazione. Se avesse sparato sul popolo italiano o francese sarebbe stato più normale? Sarebbe stato più accettabile? No. In realtà, si tratta di una tecnica di manipolazione, con un’associazione di parole saggiamente studiata negli uffici di ricerche strategiche per trovare le espressioni giuste da integrare (come giustificazione) alla vera guerra che ne è scaturita.

Per tornare all’accusa, l’informazione principale su cui si basa la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguarda un presunto massacro di 10 mila morti e 55 mila feriti in 1 mese, richiesto dal presidente libico. E’ un’affermazione falsa per diversi motivi:

– Logica: Per uccidere 10 mila persone in un mese, bisogna essere capaci di uccidere tra le 300 e le 400 persone al giorno. Solo Hitler ci è riuscito, ma ha avuto bisogno di costruire diversi forni crematori.

– La NO Fly Zone è stata messa in piedi perché per uccidere così tanto, Gheddafi avrebbe utilizzato degli aerei da combattimento che normalmente volano a 5 mila metri d’altitudine e ad una velocità di 1.000 km/h. A meno che non lancino una bomba atomica, questi aerei, per quanto speciali possano essere, non riuscirebbero ad ottenere un simile risultato.

– Per quanto riguarda i feriti, in tutti i paesi del mondo il loro numero è fornito da fonti ospedaliere. Nella gestione ottimale d’un ospedale, sono previsti all’incirca tra i 10 e i 20 posti disponibili per i casi improvvisi. Per i 55.000 feriti, 20 feriti per ogni ospedale, sarebbero necessari 2.750 ospedali per accogliere tutti i libici feriti e finanche utilizzando tutti gli ospedali del continente africano (all’incirca 1.230) non ci si riuscirebbe mai. Coloro che hanno convalidato queste cifre sapevano che erano grossolanamente false.

– Le foto diffuse di questo preteso massacro provenivano dal « Sidi Hamed Cemetery », un cimitero dove si svolgeva una normale operazione di rinnovo del suolo con lo spostamento dei resti umani, pratica molto comune nel mondo dove sono in vigore tradizioni giudaico-islamico-cristiane per lasciare spazio ai nuovi morti, ogni 10 o 20 anni a seconda dei paesi.

– Origine dell’informazione. Il filosofo cinese Mo Tseu (479-381 prima dell’era cristiana) scriveva che per verificare la veridicità di un’informazione, è necessario innanzitutto verificare la sua fonte e chiedersi quali sono le ragioni confessate, o inconfessate, di colui che vi comunica un’informazione. Da dove è arrivata l’informazione? Dai ribelli, è naturale! Ma diffusa senza condizionale dal canale tv Al Jazeera che appartiene all’emiro del Qatar. Il caso vuole che questo piccolo paese sia l’unico paese arabo che partecipa al lancio di bombe sulla testa dei libici. Una coincidenza piuttosto inquietante.

Fino ad oggi, diversi mesi dopo il preteso massacro, non abbiamo neanche l’ombra di una prova inconfutabile. Questo non ha impedito il mandato di arresto del procuratore della Corte penale internazionale (CPI), Luis Moreno-Ocampo, che era pronto a minacciare Gbagbo per le 7 donne uccise a ABOBO l’otto marzo 2011, ma totalmente muto e, ancora oggi, con vuoti di memoria per i 1.200 morti di Ouattara a Duékoué (secondo la CICR e la CARITAS) e ciò in presenza delle truppe francesi della Licorne e di quelle dell’ONUCI.

Il signor Moreno-Ocampo non ha giudicato opportuno di fare neanche il benché minimo spostamento in terra libica per verificare queste accuse. Che importanza ha, tanto il chiedere l’arresto di un capo di stato africano non docile è diventato l’unico motivo che giustifica l’esistenza stessa del TPI (Tribunale Penale Internazionale).

2- GHEDDAFI E I MIGRANTI AFRICANI

Quando, nel 2006, Gheddafi ha riunito i ministri dell’interno africani per proporre loro una carta d’identità unica con una codifica comune per tutta l’Africa al fine di facilitare lo spostamento degli africani su tutto il continente senza eccessive formalità amministrative, tutti i presenti erano contenti ed entusiasti del progetto della guida libica. Ma al loro ritorno, un colpo di telefono a Parigi, un altro a Londra ed ecco che l’idea non era più buona per alcuni paesi che hanno rapidamente diffuso la propaganda secondo cui se la misura fosse entrata in funzione, la Libia avrebbe colonizzato gli altri paesi africani. Il colmo è che i clandestini africani in Libia provengono al 99% da quegli stessi paesi che hanno rifiutato la proposta libica.

D’altronde, per ragioni di sicurezza interna, nessun paese al mondo può assistere passivamente al fatto che il suo territorio divenga il punto di passaggio di persone nei confronti delle quali non è possibile verificare l’identità. In Libia, c’è la stessa legge che è in vigore in tutti i paesi africani, è il crimine di clandestinità per gli stranieri sprovvisti di titoli di soggiorno validi.

Infine, per tutti gli africani dotati d’un minimo di discernimento, non c’è alcun dubbio che il destino della gioventù africana non è quello di mettersi in marcia verso l’illusione di un ipotetico paradiso europeo per occupare il fondo delle classi sociali in occidente. L’obiettivo per il quale vale la pena battersi è quello di far sognare l’Africa. L’Africa deve far sognare gli africani, affinché essi abbiano la serenità e l’entusiasmo necessario per superare le sfide che hanno davanti.

In conclusione, accusare Gheddafi di non aver lasciato i clandestini spostarsi liberamente sul suo territorio, vuol dire dimostrare di essere incapaci di capire la complessità dei problemi che ci circondano.

3- GHEDDAFI E LA LONGEVITA’ DEL SUO POTERE

Una delle ragioni per andare a bombardare la Libia è che la Guida Libica ha passato troppi anni al potere (42 anni). Il record di longevità degli uomini politici al potere non appartiene né a Gheddafi, ancor meno agli africani, ma agli occidentali. Prendiamo 4 esempi dei 4 paesi che bombardano la Libia per esportare il loro modello di democrazia:

Gli USA. L’ex membro del Ku KLUX KLAN, Robert Byrd, che ha riconosciuto nelle sue memorie nel 2005 di aver orchestrato una manovra al Congresso americano nel 1964 per ritardare la legge sui diritti civili dei neri, ha occupato il seggio del Senato americano ininterrotamente per 56 anni. Nato il 20 novembre 1917, membro del partito democratico e senatore della Virginia occidentale, siederà al Congresso degli Stati Uniti dal gennaio 1959 fino alla sua morte sopraggiunta il 28 giugno 2010. In totale 63 anni aggiungendo i 6 anni che ha passato alla Camera dei rappresentanti, in cui è entrato il 20 gennaio 1953 quando il presidente Harry Truman cedeva il suo posto alla Casa Bianca a Dwight Eisenhower e se n’è andato solamente a causa della morte, sotto la presidenza Obama. Prima di lui, il signor Carl Hayden è stato senatore per 56 anni e 319 giorni, dal 1912 al 1969. E molti altri ancora. Se si pensa, come si sa, che un senatore americano è 10 volte più potente di un capo di stato africano, ciò da un’idea dell’importanza di questa longevità politica.

In Francia, Louis Philippon è stato sindaco di Juvigny dans l’Aisne, per 69 anni (dal 1929 al 1998), Philippe de La Moissonnière-Cauvin, è stato sindaco di La Fontelaye in Seine-Maritime per 63 anni dal 1945 al 2008. Hubert d’Andigné, è stato per 59 anni sindaco di Champ-de-la-Pierre dans l’Orne dal 1946 al 2005. Roger Sénié, all’età di 90 anni, è oggi il sindaco di La Bastide-de-Bousignac dans l’Ariège, posto che occupa dall’ottobre 1947, cioè da 64 anni, forse nel 2014 riuscirà ad ottenere un nuovo mandato. Nel paese della rivoluzione francese, ci sarà un candidato per batterlo? E’ lo stesso caso di quello che ha riguardato il signor Arthur Richier, di 89 anni, sindaco di Faucon-du-Caire dans les Alpes-de-Haute-Provence, dal 1947 a oggi. Chi è pazzo? Il sistema o l’elettore?

Pierre Abelin (1909-1977), politico francese che ha svolto le funzioni di ministro in 4 governi, dal Shumann nel 1947 a Chirac nel 1974, deputato dal 1945 al 1974, sindaco di Châtellerault (dal 1959 fino alla sua morte nel 1977). E al momento del suo decesso, è rimpiazzato al Comune da sua moglie, perché suo figlio Jean-Pierre Abelin, che ha solo 27 anni, ha bisogno di tempo per prendere l’eredità di papà e acciuffare tutto: (…) passa appena un anno e diventa deputato di La Vienne [dipartimento francese, NdT] dal 1978 a oggi, Consigliere generale dal 1977 a oggi, vice presidente del consiglio generale dal 1982 a oggi. E dal 2008, ha aggiunto a tutti questi poteri il posto di sindaco di quella stessa città. A cosa serviva la rivoluzione francese? Che cosa sarebbe successo se questa soap-opera si sarebbe verificata in una famiglia africana? Avremmo tratto la conclusione che gli africani sono attaccati al potere. Ecco il dettaglio di questo sistema di dinastia democratica alla francese che usa le bombe per esportare in Libia.

Roselyne Bachelot, l’attuale ministro della Solidarietà e della Coesione sociale ha, da 23 anni (1988), preso il posto di suo padre, Jean Narquin, che era stato per 20 anni deputato del Maine-et-Loire dal 1968 al 1988. Siccome questo non basta per accaparrarsi tutta l’eredità di suo papà, cerca da allora di aggiungere un’altra funzione: sindaco d’Angers. Suo figlio, Pierre Bachelot, nato nel 1970 entra al parlamento all’età di 22 anni come Assistente di mamma. Il piccolo genio del figlio accompagnerà la mamma come consigliere parlamentare fino a quando quest’ultima diventerà Ministro dell’Ecologia nel 2002 e Ministro della Sanità nel 2007. In quell’anno il giovane Pierre si renderà autonomo a 37 anni, poiché sarà nominato per un posto creato su misura per lui dalla mamma all’Inpes (l’Istituto nazionale di prevenzione e d’educazione per la sanità) con 140 funzionari, nonostante la sua formazione in « art privé ». Non è bella la democrazia nel paese della rivoluzione francese? Bisogna esportarla in Libia al più presto.

In Italia, Giulio Andreotti è stato eletto deputato nel 1946, 65 anni fa, e oggi vota come senatore a vita. Siccome non aveva più la forza di fare una campagna elettorale, è stato nominato « senatore a vita ». Così ha accumulato le funzioni di deputato e di Presidente del Consiglio Italiano, posto che ha occupato 7 volte in 20 anni, dal 17 febbraio 1972 al 24 aprile 1992. Per tutto questo tempo, il suo partito, la « Democrazia Cristiana », è rimasto al potere senza interruzioni dal 1946 al 1992, cioè per 46 anni. E non sarà spazzato via se non dalla giustizia con « l’Operazione Mani Pulite » per corruzione. A confronto, il partito di Gheddafi è stato solo 42 anni al potere in Libia.

Nel Regno Unito, la situazione è ancora più catastrofica e non si parla della longevità di Elisabetta II che è regina di 16 paesi indipendenti dal 1952. Nel 1942 a soli 16 anni, è già nominata capo dell’esercito e passa le truppe al setaccio. Classificata dal magazine FORBES, 214ma fortuna mondiale per il solo merito d’essere nata, costa ai britannici la somma di 43 milioni di dollari all’anno. E se Gheddafi fosse diventato il re della Libia? Che cosa sarebbe successo se Gheddafi avesse creato un emirato con la sua famiglia, come il Qatar che partecipa ai bombardamenti? Che cosa si sarebbe detto se per il matrimonio di uno dei figli di Gheddafi si fosse decretata una giornata di festa, immobilizzando tutta la nazione? E’ esattamente ciò che è successo a Londra per il matrimonio del principe William e di Kate il 29 aprile 2011 ??? La televisione France24 ha calcolato che il costo di questa giornata di ferie ammonta a 6 miliardi di euro per le casse britanniche. Questa follia democratica che si vuole esportare in Libia è costata al Comune di Londra 22 milioni di euro per la sola sicurezza. Nel frattempo, le tasse universitarie sono triplicate (passando da 3900 a 10700 euro). Il Canada, che è ancora una colonia, deve pagare 50 milioni di dollari canadesi all’anno per sostenere la famiglia reale britannica; nel frattempo secondo l’Istat del Canada, le spese d’iscrizione nelle università canadesi sono aumentate tra il 1996 e il 2002, per esempio nella provincia dell’Ontario, del 141% per la facoltà di legge, del 241% per quella di medicina e del 315% per quella di odontoiatria. E ci si può chiedere come possono pretendere di competere con la Cina sulle specialità intellettuali penalizzando così l’acquisizione delle conoscenze da parte dei giovani. La regina è più importante.

In Africa, ad oggi, nessun politico africano ha battuto questo record d’incoerenza, non importa a quale livello della vita politica esso sia. D’altronde, ciò che si esige da un politico è il suo bilancio, perché ciò non vale per il presidente libico? Per avere un’idea del suo bilancio politico per il suo paese, bisogna solo porsi la domanda sul perché non c’è mai un solo libico sulle troppe imbarcazioni di fortuna che naufragano sulle coste italiane di Lampedusa? Perché i libici non fuggono dal loro paese? Ma anche, se Gheddafi fosse questo dittatore cattivo, perché è il paese africano col più alto tasso di stranieri? I cittadini di USA, Francia, GB, si sentono meglio in Qatar o in Libia? E che dire del fatto che la bandiera dei ribelli è proprio quella del regno. E’ come se dei ribelli francesi issassero oggi la bandiera dei re di Francia, vuol dire che gli occidentali fanno la guerra in Libia per riportarla indietro di 43 anni, per passare da una repubblica sebbene imperfetta, verso un regno, purché il nuovo re sia docile, e che i soldi del petrolio riempano le banche che gli si indicherà, e allora può stare certo che gli si apriranno tutti i tappeti rossi dell’occidente.

4- PERCHE’ GLI INTELLETTUALI AFRICANI NON SOSTENGONO IL CNT LIBICO?

Il CNT è una creazione della Francia. E’ il filosofo francese Bernard-Henri Levy che ha spiegato alla stampa i suoi tanti viaggi per incoraggiare i libici a disfarsi di Gheddafi. Era ancora lui che ci diceva che era nato un movimento. E’ sempre lui che ci darà il nome di CNT, ci dirà che è composto di 35 membri, e che, a parte 3 o 4 persone, tutti gli altri volevano restare anonimi. Quando il signor Lévi ha comunicato al mondo che Gheddafi utilizzava i neri venuti dall’Africa nera, pagati un tozzo di pane, nessuno si era mai sognato di spiegargli che le tribù del sud della Libia sono composte essenzialmente da popolazioni nere, le quali si trovano in tutti i posti dell’amministrazione libica. Infatti al contrario della Francia, molti ambasciatori libici nel mondo sono neri, dei neri libici. Il razzismo può far diventare ciechi. L’errore di Henri Lévy si basava sul pensiero razzista degli europei del 19mo secolo che tendeva a separare le popolazioni africane d’origine araba e i neri sulla base di una classificazione gerarchica dei valori culturali degli uni e degli altri. E’ così che arrivano al punto di dimenticare la minoranza nera presente in tutta l’Africa del Nord, dal Marocco all’Egitto. E’ sempre il nostro filosofo che ha promesso al signor Sarkozy che la guerra non sarebbe durata più di tre giorni, perché, ha spiegato ai giornalisti, « l’esercito di Gheddafi è composto da 300 uomini patetici mal equipaggiati ». Bernard Henri Levy, come ci ricorda l’agenzia di stampa russa RIA-Novosti, s’era ugualmente sbagliato nel 1999, dopo l’attacco di Chamil Bassaïev alla Daguestan. A quel tempo Lévy aveva raccomandato all’Occidente di riconoscere l’autorità del terrorista Maskhadov in Cecenia. Quest’ultimo sarà poi abbattuto dai FSB (servizi segreti russi) l’otto marzo 2005. Lévy si ripeterà nell’estate del 2008, si sbaglierà di nuovo nel consigliare il presidente georgiano Georgien Mikhaïl Saakachvili di lanciare una guerra suicida contro la Russia. Il seguito lo conosciamo. Il peggio in tutto ciò è che non ha ancora capito che la politica è una scienza e come ogni scienza, bisogna prendersi il tempo di conoscerne i princìpi e i meccanismi per evitare di sbagliarsi su alcune domande elementari di politica internazionale, soprattutto quando si incitano i manifestanti pacifici a prendere le armi e a scatenare una guerra.

Recentemente, per la commemorazione dei 40 anni della fine della guerra in Biafra, la più sanguinaria dell’Africa, con circa 2 milioni di morti, la radio pubblica svizzera RSR ci ha proposto dei documenti inediti, scovati negli archivi della CICR, la Croce Rossa Internazionale che ha sede qui a Ginevra. Le testimonianze erano delle interviste realizzate 40 anni fa a diversi dirigenti di quest’organizzazione che spiegavano come la CICR approfittava della sua neutralità per trasportare le armi al fine di agevolare la vittoria della Francia in quella pretesa guerra d’indipendenza dei Biafrani, popolo che in questo modo si trovava preso in ostaggio da una decisione presa a Parigi che voleva ad ogni costo avere anch’essa un protettorato petrolifero come i britannici in Kuwait o in Qatar. La rivelazione da incubo di quest’archivi è stata per me quella di scoprire che su 2.000.000 di morti, la metà è stata di morti inutili, sacrificati per impedire che Parigi non perda la faccia, poiché ci spiega il dirigente della CICR, un anno prima della fine della guerra, tutti sapevano che era perduta, ma Parigi e il CICR continuavano a fornire ai Biafrani nuove armi dicendo loro che stavano vincendo.

E’ esattamente lo stesso scenario di oggi in Libia. Si credeva di vincere una guerra facilmente in 3 giorni, al terzo mese senza alcuna avanzata, e nonostante il milione d’euro al giorno che questa guerra costa alla Francia (cifra fornita dal ministero francese della Difesa), si continua la NO FLY ZONE bombardando uffici, scuole e ospedali come se quest’ultimi volassero. E visto che questi atti di terrorismo non funzionano, ritorniamo alla ricetta nata con la guerra del Biafra: utilizzare le sue ONG per invocare un genocidio, invocare il Tribunale Penale Internazionale e anche se si sa che ciò non funzionerà, che importa, è meglio far morire la Libia piuttosto che avere il coraggio di riconoscere che ci si è sbagliati e che la guerra è persa.

Per gli intellettuali africani, il dibattito non consiste proprio nel sostenere Gheddafi contro il CNT o sostenere il CNT contro Gheddafi, ma sul principio della giustizia internazionale che è oggi viziato da un certo numero di paesi occidentali, che si conoscono, poiché sono sempre gli stessi che erano seduti alla tavola della conferenza di Berlino nel 1884 per decidere del destino dell’Africa senza la presenza degli Africani, che oggi umiliano l’Unione Africana e tutte le sue decisioni, e si arroga il diritto di scegliere al posto degli Africani il loro destino. Quando i presidenti dei 3 paesi occidentali (USA, Francia, UK) pagano una tribuna nei giornali di molti paesi per annunciare che Gheddafi non è un buon leader per la Libia, credo che si tratti di un insulto all’intelligenza degli Africani. Ieri i nostri genitori e i nostri antenati erano certamente dei primitivi che non capivano niente di ciò che capitava loro, ma oggi, noi abbiamo studiato nelle stesse scuole, abbiamo conquistato le stesse conoscenze di tutto il mondo e continuare a guardarci dall’alto in basso come degli eterni schiavi, è uno sbaglio grave degli occidentali che tocco a noi altri Africani di correggere e non di assecondare con il nostro colpevole silenzio. Noi dobbiamo fare la storia, la nostra storia e non subirla. Così come noi non diciamo agli americani, ai britannici e ai francesi chi è meglio per guidare il loro destino, tocca a noi batterci affinché loro non interferiscano più nel processo di formazione del nostra democrazia per quanto essa sia imperfetta e biasimevole; e siccome si tratta di un processo, le stesse sconfitte costituiscono dei risultati positivi perché devono servire al miglioramento che è proprio di ogni specie vivente.

La rivoluzione libica purtroppo è stata fermata di netto il giorno in cui l’interferenza occidentale è diventata palpabile nella crisi di questo paese. Gheddafi che sembrava messo alle corse da manifestazioni spontanee in questo processo di miglioramento del genere umano è miracolosamente rimesso in sella grazie all’ingerenza della Francia che ha commesso il grave errore strategico di trasformare una manifestazione pacifica in ribellione armata. E la ricetta della ribellione armata può aver funzionato bene in Costa d’Avorio, ma non per forza deve aver funzionato altrove.

5- CONCLUSIONE

L’ignoranza è il vero pericolo che mina la gioventù africana e impedisce a quest’ultima un’effettiva presa di coscienza delle sfide che deve affrontare. Contribuire a ridurre quest’ignoranza vuol dire fare già qualcosa. Perché è proprio grazie al fatto che le popolazioni saranno coscienti del loro peso e del loro valore che potranno pretendere dai loro dirigenti dei comportamenti più rigorosi, più rispettosi dei loro interessi. Nell’ignoranza, non c’è la benché minima coscientizzazione e ognuno fa ciò che vuole perché nessuno chiede loro di rendere conto. Il sistema occidentale di manipolazione delle masse africane ha causato un colpo durissimo al normale processo democratico dell’Africa, poiché l’alibi del complotto dei bianchi cancella molto velocemente gli sbagli dei loro dirigenti agli occhi del popolo. Non subire questa manipolazione è garanzia del fatto che gli africani sapranno scegliere tra dirigenti valorosi e mediocri.

Per noi è giunto il momento di dire « enough is enough », la misura è colma. Ma per farlo, bisogna risolvere questo problema della grande ignoranza nella quale è immersa la maggior parte dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che non hanno altro metro di giudizio che quest’infantilizzazione di cui sono vittime. Ciò che ho fatto non è altro, e lo spero, che l’inizio di questa battaglia che ogni africano deve far propria e poi tutti insieme, dobbiamo essere capaci di esigere che la politica sia sufficientemente rigorosa per occuparsi finalmente dei nostri interessi e non solo esclusivamente di quelli dell’Occidente contro i nostri.

Noi siamo 1 miliardo di Africani. Noi dobbiamo essere capaci di mettere sotto pressione i nostri dirigenti per far sì che, da una parte, l’Africa diventi campionessa del mondo nel rispetto dei diritti naturali degli esseri umani (uomini e donne insieme) e, dall’altra parte, per far rispettare i nostri interessi in tutti gli impegni internazionali che spesso i nostri alti-funzionari ignorano nonostante i loro numerosi diplomi.

Mi piace concludere con questi due pensieri:

A-

“I paesi africani sono incoraggiati a dividersi, in modo che le potenze straniere possano consolidare il loro dominio. E’ necessario che l’Africa si unisca in un solo Stato come gli Stati-Uniti d’America, con un solo esercito, una sola economia, una sola moneta.” Mouammar Kadhafi (discepolo convinto del panafricanismo di Marcus Garvey) – estratta dell’intervista concessa a France24 e Radio France Internationale (RFI) il 6 lugio 2010.

B- I TRADITORI di Marcus Garvey (17 agosto 1887, Saint Ann’s Bay, Giamaica – 10 giugno 1940, Londra)

Nella lotta per migliorarsi, gli oppressi sono sempre handicappati da coloro che tradiscono la loro stessa razza, cioè gli uomini di poca fede, e tutti coloro che si lasciano corrompere e accettano di vendere i diritti dei loro stessi fratelli.

Neanche noi, membri della razza nera, siamo totalmente al riparo da questo genere di flagello. Se dovessi dare espressione all’angolo più remoto del mio pensiero, direi che noi ne siamo afflitti più di ogni altra razza, perché noi non abbiamo la formazione e la preparazione necessarie per occupare il posto che ci spetta tra i popoli e le nazioni del mondo. Presso le altre razze, il ruolo di traditore si limita in generale all’individuo mediocre e irresponsabile. I traditori della razza nera, sfortunatamente, sono nella maggior parte delle occasioni delle persone altolocate per istruzione e posizione sociale, gli stessi che si arrogano il titolo di leaders. Ai giorni nostri, infatti, ogni individuo o quasi che tenta la sua fortuna come leader della razza, comincia ad affermarsi, come un animale domestico, nei favori d’un filantropo di un’altra razza: lo va a trovare, denigra la sua razza nei termini più vili, umilia la sua fierezza d’uomo, e si guadagna così la simpatia del «grande benefattore», che gli detta ciò che deve fare nel suo ruolo di leader della razza nera. In generale, è: «Va a dire ai tuoi di essere umili e sottomessi; dì loro di essere dei buoni servitori, obbedienti e leali verso il loro maestro. Se tu insegni loro questo genere di dottrina, puoi sempre contare su di me che ti darò 1000 dollari, o 5000 dollari all’anno di reddito, per il tuo giornale e l’istituzione che tu rappresenti. Io ti raccomanderò ai miei amici come un bravo uomo senza problemi».

Con questo avviso, e con una promessa di patronato, il leader nero ordinario si appresta a guidare le masse sfortunate. Ci dice tutto il bene possibile del signor Taldeitali, ci racconta quanti buoni amici abbiamo nell’altra razza, e ci rassicura che tutto andrà bene a condizione che ci si affidi completamente a lui. Ecco il genere di direzione che noi subiamo da mezzo secolo. Non vedo altro che perfidia e tradimento della peggiore specie.

Se l’uomo che mette in difficoltà il suo paese è un traditore, colui che svende i diritti della sua razza non può essere altra cosa. Fino a quando non saremo dichiarati una nazione di 400 milioni di uomini (nel 1910), e che non avremo fatto capire a coloro i quali sono piazzati sopra la nostra testa che siamo scontenti e disgustati; fino a quando non avremo scelto noi stessi un leader verso il quale onoreremo i nostri impegni, noi non saremo in grado di uscire dal pantano del degrado e di elevarci verso la libertà, la prosperità e la stima umana». Marcus Garvey (padre del concetto di panafricanismo, Garvey era un intrepido combattente contro l’umiliazione inflitta alla popolazione di pelle nera da 1500 anni di schiavità araba ed europea)

Ginevra 25 maggio 2011

Jean-Paul Pougala
pougala@gmail.com
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N.B : Jean-Paul Pougala è uno scrittore, economista e politologo camerunese, direttore dell’Istituto di studi geostrategici e professore presso la Geneva School of Diplomacy, a Ginevra in Svizzera.

 

Traduzione di Piervincenzo Canale

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