La terra a chi la lavora!

Terra Nuova e Crocevia lanciano: La terra a chi la lavora! Un’azione comune per il diritto alla terra.

La Terra a chi la lavora! È questo il monito che risuona a livello mondiale da parte delle comunità di contadini, dei popoli indigeni, dei pastori e di tutto coloro i quali ritengono che la terra debba assurgere a diritto collettivo fondamentale, inteso come accesso e diritto di produzione, e non come mero bene comune suscettibile, in quanto tale, di essere oggetto di compravendita.

Terra Nuova e Crocevia, aderendo alla più ampia campagna globale contro il landgrabbing, lanciano un’azione comune contro l’accaparramento delle terre nell’ambito della rete Europafrica – verso la sovranità alimentare. Non si tratta di una denuncia episodica ma il sostegno a un processo di lungo periodo finalizzato a restituire la terra a chi la lavora.

L’obiettivo finale dell’iniziativa è indurre il nostro governo ad applicare e a far rispettare le “direttive volontarie per l’accesso facilitato alla terra” in negoziazione al Comitato Sicurezza Alimentare delle Nazioni Unite (presso la FAO). Ad oggi, questo è l’unico mezzo in grado di consentire l’accesso alla terra ai piccoli agricoltori proteggendoli, nel contempo, dal landgrabbing e dall’espulsione ad opera delle imprese agroalimentari, delle banche ecc. Le linee guida volontarie, infatti, sono direttive sulla cessione dei fondi rurali rivolte in ugual misura ai governi e alle imprese, alle banche e ai fondi d’investimento.

Dare loro attuazione significa porre barriere molto precise al furto della terra, anche nei paesi terzi.

Molte organizzazioni contadine e la società civile, tra cui Terra Nuova e Crocevia – quest’ultima come International Focal Point dell’IPC (International Planning Commitee for Food Sovereignty) si battono da anni per la loro negoziazione. Dal 5 al 9 marzo prossimi saranno in prima fila per la loro approvazione finale. E per sostenerne l’effettiva applicazione.

Dall’Africa, all’Europa, all’America, all’Italia, non esiste un solo posto al mondo totalmente estraneo al fenomeno del landgrabbing. La crisi energetica e la speculazione finanziaria lo stanno esacerbando. La terra diventa ogni giorno più vitale, custode del diritto a produrre e autentica via di fuga dalla fame.

In Italia, constata Crocevia, il suo accesso attraverso il mercato fondiario non favorisce la creazione di nuove attività agricole. La vicinanza ai centri urbani favorisce la speculazione edilizia e il radicamento nell’economia legale di capitali di origine illegale o, comunque, non d’origine agricola. Oltre 700.000 piccole aziende sono sparite nell’arco di un decennio e il 30% dei terreni fertili sono in mano all’1% delle aziende. La nostra capacità produttiva è stata erosa. Eppure la conduzione da parte dei coltivatori diretti resta dominante.

In Africa, dove la pressione per la privatizzazione della terra è fortissima, i piccoli produttori raccolti intorno alle organizzazioni contadine – tra cui il CNCR (Conseil National de Concertation et de Coopération des Ruraux), la piattaforma senegalese del ROPPA (Réseau des organisations paysannes et des producteurs de l’Afrique de l’Ouest) con cui Terra Nuova è in contatto continuo – , stanno mettendo in atto forme di mobilitazione sempre più massiccia ed efficace per sostenere e ribadire il proprio diritto alle risorse naturali. Qui, una minaccia molto grande è il bio-fuel. Piantine dall’apparenza innocua come la jatropha, destinate alla produzione di olio combustibile, stanno alimentando un ingranaggio estremamente pericoloso che rischia di condannare all’esodo le popolazioni presenti nelle aree prospicienti quelle di coltivazione.

Parte di questa responsabilità ricade sull’Italia. E il Senegal non è un caso isolato: in Etiopia, in un recente rapporto, Human Watch denuncia l’espulsione di comunità locali e indigene per far posto a piantagioni agricole di larga scala. Tra i finanziatori indiretti della “villaggizzazione” messa in atto dal governo etiopico, attraverso un programma apparentemente innocuo di sostegno ai servizi di base in zone rurali gestito dalla Banca Mondiale, anche la cooperazione italiana.

Terra Nuova e Crocevia, quindi, lanciano La Terra a chi la lavora! nell’ambito della più ampia campagna globale sull’accaparramento delle terre che ha avuto la sua massima espressione a Nyeleni in Mali, nel novembre scorso, dove le organizzazioni contadine e la società civile hanno siglato il loro manifesto comune nella lotta planetaria contro il landgrabbing. Questo documento è la naturale prosecuzione dell’ormai noto appello di Dakar.

Terra Nuova e Crocevia, intendono fare luce sulle due facce dello stesso problema, in Italia e all’estero. Perché il landgrabbing è un Giano bifronte per comprendere il quale è necessario spingersi ben oltre i confini nazionali. E guardare in Africa. E viceversa.

Chi ruba la terra, o consente che ciò accada, ruba il nostro futuro.

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