Konza city: la silicon valley africana

IL CONTINENTE NERD – L’AFRICA LANCIA LA SUA SILICON VALLEY LA “KONZA CITY TECNOLOGY” A NAIROBI – SARÀ IL PUNTO DI RITROVO PER I GIOVANI GENI TRA CUI IL 27ENNE VÉRONE MANKOU DEFINITO LO “STEVE JOBS AFRICANO”

Già da alcuni anni organismi continentali ed internazionali sono attenti alla potenzialità innovativa degli africani. Dal 2012 i miglior progetti, cioè quelli in grado di “promuovere uno sviluppo autonomo in ogni settore di attività”, vengono ricompensati con il Premio per l’innovazione Africana… –

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Véronique Viriglio per “il Fatto Quotidiano

Da continente da salvare a continente che si salva e cresce anche grazie alle sue invenzioni. Un’Africa che nonostante i problemi si sta affermando come nuova frontiera tecnologica. Ogni anno sforna decine di studiosi e ricercatori che, con mezzi e materiali spesso rudimentali, realizzano stupefacenti congegni tecnologici in grado di curare, far studiare o registrare nascite.

Tra questi piccoli geni, censiti dal portale Kumatoo (“Andare avanti” in lingua kikongo), c’è il 27enne Vérone Mankou, prodigio del net originario della Repubblica del Congo. La rivista Forbes lo ha inserito nella classifica dei migliori imprenditori africani di meno di 30 anni. Cinque anni fa ha fondato la società VMK, acronimo di ‘Vou Mou Ka’, che significa ‘Svegliatevi’.

POCHE RISORSE TANTE IDEE

Nel 2011 ha creato il primo tablet africano, Way-C; l’anno successivo il primo smartphone africano Elikia – ‘Speranza’ – e ora un telefono con funzioni base, Elikia Mokè. I prezzi dei tre prodotti variano da 200 a 38 euro. “Elikia costa due volte di meno rispetto allo stesso prodotto dei nostri concorrenti.

In paesi dove il potere d’acquisto è ridotto, ho voluto dare a tutti la possibilità di aver accesso alla tecnologia a un prezzo abbordabile. Così è nato Mokè” ha spiegato quello che viene già chiamato lo ‘Steve Jobs africano’, col pallino dell’informatica dall’età di 7 anni. A realizzare fisicamente le sue invenzioni finora sono state aziende asiatiche, soprattutto cinesi, per contenere i costi e usufruire di know-how che scarseggiano ancora in Africa. Ma per Mankou e la sua VMK gli affari vanno a gonfie vele: entro fine anno aprirà un centro di produzione a Brazzaville e dei negozi in Camerun, Rwanda e Costa d’Avorio.

Arthur Zang, ingegnere del Camerun di soli 24 anni, è l’inventore di Cardiopad, il primo touchscreen medicale africano che promette di salvare decine di migliaia di vite umane. Un rivoluzionario salvavita in una tavoletta di 25 centimetri che potrà essere utilizzato nei villaggi più remoti – grazie ad una batteria che garantisce un’autonomia di lavoro di oltre sette ore – annullando distanze e tempi di attesa. In pratica realizza un elettrocardiogramma di ultima generazione, i cui risultati vengono digitalizzati e inviati a un altro computer con connessione wi-fi, blue-tooth o rete telefonica, consentendo di avere una diagnosi più veloce.

Poi ci sono loro, tra tanti altri. Il 25enne keniano Anthony Mutua con la sua scarpa Am-utua, che grazie un chip inserito sotto le suole ricarica il cellulare mentre si cammina. Il dottore nigeriano e il suo dispositivo per le autotrasfusioni di sangue, il camerunese Séverin Kezeu con il sistema anticollisione per gru e la congolese Sandrine Ngaluls Mubenga con l’auto ibrida a idrogeno.

Senza dimenticare i quattro studenti dell’università Makerere di Kampala (Uganda) che hanno ideato un software per monitorare il buon andamento della gravidanza, assegnare cure a mamme e bambini dopo il parto. Anche in un contesto rurale nascono idee innovative : un generatore di energia portatile che funziona con l’urina. “Con un litro si possono avere fino a sei ore di elettricità” assicurano le quattro inventrici 15enni. Dalla teoria alla pratica, anche se i costi sono spesso difficilmente sostenibili.

1,5 MILIONI DI TABLET

Il governo di Nairobi ha distribuito un milione e mezzo di tablet agli studenti delle superiori. Un ambizioso programma di e-learning accolto con scetticismo e qualche polemica. Non pochi keniani avrebbero preferito la ristrutturazione di scuole fatiscenti e la riqualificazione dei professori.

Nei prossimi anni a 60 km da Nairobi dovrebbe sorgere Konza City Tecnology, una sorta di Silicon Valley nella savana consacrata alla ricerca e all’innovazione. In Kenya, uno dei poli tecnologici dell’Africa orientale, la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà e un terzo non ha accesso all’acqua sicura e ai servizi.

In Costa d’Avorio è operativo un sistema di anagrafe elettronica. ‘Moh Ni Bah’ (‘congratulazioni’ in dialetto baoulé): un semplice sms per registrare la nascita di un bambino. L’innovazione costituisce una piccola rivoluzione nel paese del cacao, rurale al 66%, dove di frequente i neonati non vengono dichiarati a causa delle difficoltà a raggiungere uffici dell’anagrafe troppo distanti.

Jean Delmas Ehui, fondatore del progetto, tiene a precisare che l’app è molto facile da scaricare e utilizzare, sottolineando che “ormai tutti sono dotati di cellulari anche di ultima generazione e sono capaci di usarli”. In altri contesti la tecnologia si mette al servizio dell’ambiente e della sua tutela.

Il governo di Kinshasa e l’Osservatorio satellitare delle foreste dell’Africa centrale (Osfac) hanno realizzato un atlante del secondo polmone verde del pianeta grazie a immagini scattate dai satellitari e dati costantemente aggiornati per controllare lo sfruttamento delle risorse forestali e l’impatto dei cambiamenti climatici.

Già da alcuni anni organismi continentali ed internazionali sono attenti alla potenzialità innovativa degli africani. Dal 2012 i miglior progetti, cioè quelli in grado di “promuovere uno sviluppo autonomo in ogni settore di attività”, vengono ricompensati con il Premio per l’innovazione Africana. Ma finora ad aver conquistato i mercati locali, realizzando ottimi affari, sono state soprattutto le multinazionali straniere. Statunitensi in primis con Ibm, Microsoft e General Electric, che sempre di più devono fare i conti con cinesi e indiani.

 

Fonte: dagospia.com

 

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