Giovanna Moretti Mbeleje ci parla della sua ONG Kisedet

Intervista a Giovanna Moretti Mbeleje, fondatrice dell’ONG tanzaniana KISEDET che si occupa del recupero dei bambini di strada.

  

Cosa le ha fatto decidere di trasferirsi in Tanzania?

La decisione e’ il frutto di un’esperienza luttuosa personale abbastanza drammatica che non mi va di rendere pubblica, almeno per ora; dico solo che dopo questa brutta esperienza, il caso o il destino, o chiamiamolo come vogliamo, volle che conoscessi un Padre tanzaniano in Italia. Visto che sin da piccola ero attratta dall’Africa, non e’ stato difficile decidere di intraprendere quel viaggio. Inoltre, all’epoca lavoravo presso una pelletteria artigianale, ma dopo vent’anni di attivita’ i soci decisero di chiuderla.

Quando nel 1998 decisi di trasferirmi in Tanzania, i miei ex titolari fecero di tutto per “fermarmi”….mi dissero che avrebbero avuto piacere se continuassi l’attivita’ e che mi avrebbero aiutato anche economicamente (deve sapere che la pelletteria era composta da due titolari e da tre dipendenti, quindi era come se fosse a conduzione famigliare, e noi ci sentivamo veramente una famiglia), ma ormai io avevo preso la mia decisione, quando nel ‘97 avevo trascorso 3 mesi in Tanzania (nel ‘96 la prima volta che andai ci rimasi per 3 settimane).

Riassumendo, diciamo che questo lutto mi ha scosso a tal punto che per non affondare ho dovuto cercare qualcosa di altrettanto forte, e questa cosa forte e’ stata l’Africa.

  

Quali i pro e i contro del suo nuovo Paese e dell’Italia?

All’inizio e’ tutto nuovo e tutto bello perche’ ci si rende conto di come sia diversa l’Africa dall’Italia, ma poi man mano che ci si vive, che si incomincia ad imparare la lingua, le abitudini, i costumi, le tradizioni ci si accorge che ci sono anche delle similitudini con l’Italia, o almeno diciamo che non e’ poi cosi’ diversa da come sembra.

Io provengo da una famiglia per meta’ contadini e per l’altra operai. Quando a volte osservo alcune famiglie nei villaggi africani, questo condividere, questo stare insieme, allora mi ricordo di quand’ero piccola e stavo alla cascina.

Si viveva esattamente allo stesso modo, almeno per quanto riguarda il punto di vista umano.

Ora in Italia mi sembra che ognuno vada per conto proprio, ognuno pensi solo alla propria famiglia e non badi al dolore altrui…

In Tanzania, nonostante nelle grosse citta’ si stia un po’ andando verso il modello occidentale, nonostante tutto ciò, nel momento del bisogno prevale la condivisione e l’altruismo.

Sono 17 anni che vivo in Tanzania e molte persone mi domandano se non mi manca l’Italia.

Rispondo sempre che mi manca l’Italia che ho lasciato, non quella di ora, quindi anche se tornassi non troverei piu’ lo stesso ambiente; le cose che mi mancano vengono compensate da altre sicuramente piu’ importanti.

Alcuni esempi che possono sembrare stupidi, ma che dopo tutti questi anni non lo sono affatto sono: il cinema (quest’anno quando siamo stati in Italia sono andata con le mie figlie a vedere “home”, e’ stato bellissimo!), gli aperitivi, lo stadio, insomma queste cose che poi come tutte le cose, quando le hai a portata di mano non le apprezzi piu’, quando invece le hai una volta all’anno assumono un significato particolare, e si apprezzano tantissimo.

Se vivessimo a Dar es Salaam o Arusha queste cose sarebbero alla nostra portata; queste grosse città africane hanno (quasi) tutti gli svaghi che si possono trovare in una città occidentale.

La gente che passa di quì per turismo o per un breve periodo di lavoro e/o volontariato, ripete spesso la stessa frase “vorrei tanto rimanere, in Italia mi rendo conto che corriamo dietro al superfluo, al fittizio, ma qui ho capito che le cose importanti nella vita sono ben altre”.

Credo che anche in Italia si possa vivere in maniera diversa senza rincorrere il superfluo, senza agognare alle cose che poi risultano artefatte, basterebbe solo volerlo, ma poi si viene assorbiti dalla quotidianità, dalla massa, e allora ci si dimentica di tutto il resto….

  
Come si svolge la sua giornata tipo e quella di una persona che lavora a kisedet?

La mia giornata tipo si svolge prevalentemente in questo modo: il mattino prima di tutto devo badare alle mie figlie; una volta che sono andate a scuola vado alla casa accoglienza dove kisedet ospita una quarantina di bambini, la maggior parte dei quali viveva per strada. I più piccoli invece sono orfani oppure hanno qualche problema particolare in famiglia. Lì c’è l’ufficio di kisedet, che oltre alla casa accoglienza porta avanti altri progetti sociali, tra i quali il supporto scolastico a ragazzi/e che provengono dai villaggi e da famiglie disagiate.

Il mio compito è quello di mantenere i contatti con la Onlus che ci supporta dall’Italia, Gruppo Tanzania Onlus, e anche con i vari sostenitori, però alla casa accoglienza i bambini mi chiamano “Mama” e quindi, insieme alle altre mamme, facciamo loro da mamma.

Questo comporta il fatto che pur essendo in ufficio, la colonna sonora in sottofondo sono grida di gioia, di dolore, litigate, canti, urla, ecc…di circa 40 tra bambini e ragazzini, che spesso irrompono in ufficio con questioni di vario tipo: “mi fa male la pancia”, “pinco pallino mi ha picchiato”, “quando andiamo a fare il pic nic?”, “quando andrò a scuola”, “tizio e caio sono andati in città senza permesso” e molto altro….

Il mio lavoro si interrompe per rispondere ad una di queste domande o per cercare di far da mediatrice in un litigio; per questi bambini è importantissimo essere ascoltati e compresi, quindi tutto quello che uno sta facendo in quel momento va accantonato, con la conseguenza che queste pagine, le sto scrivendo da una settimana almeno!!!

Il venerdì sera con i miei colleghi andiamo per le strade di Dodoma, la capitale politica della Tanzania, a stare un pò con i bambini, perchè in questo modo si riesce a convincerli (non tutti naturalmente) a cambiar vita.

Il martedì e venerdì andiamo a Chigongwe dove kisedet sta costruendo un’altra casa accoglienza, e dove già sono ospitati 12 ragazzini che hanno lasciato la strada. Lì ancora c’è molto da fare, però abbiamo già un bell’orto dove vengono coltivate carote, cipolle, melanzane, verdure dalla foglia larga, peperoncino, cassava, ecc…per il sostentamento dei bambini ospitati lì e anche quelli della casa accoglienza di Dodoma.

I miei due giovani colleghi, Kiweku e Hamisi, viaggiano spesso per le visite ai famigliari, e a volte capita che i bambini vengano da molto lontano anche dal Lago Vittoria, che dista da Dodoma circa 800 km!.

Questo lavoro lo dovrebbero fare gli assistenti sociali governativi, ma la palla viene passata alle ONG che come KISEDET fa questo lavoro.

Quindi, il lavoro di KISEDET oltre al recupero dei bambini di strada, è anche quello del ricongiungimento famigliare, e qualora il ricongiungimento non fosse possibile, almeno le visite a casa, così da render noto ai parenti che il bambino è stato ritrovato e vive nel tal posto.

Le mamme sono quattro, e tre di loro fanno a turno per dormire alla casa accoglienza, mentre una fa giornata, perchè è anche maestra alla scuola materna all’interno della casa accoglienza Shukurani.

Ogni mese hanno 4 giorni di completo riposo.

A KISEDET c’è anche un coordinatore, quattro guardiani notturni, un operatore part-time, e un altro operatore a tempo pieno a Chigongwe con una cuoca, un autista e i due operatori sociali già citati poco fa.

Kiweku, oltre al lavoro del recupero dei bambini di strada, è un artista e con il gruppo musicale formato dai ragazzini “Shukurani Arts Group” ha già inciso un CD, un DVD ed ora ha registrato il nuovo video.

Tutto questo lo si può trovare su youtube e se si volesse acquistare qualcosa basta contattarci. Attraverso questo gruppo, si fanno degli spettacoli in varie parti della città dove si cerca di sensibilizzare la gente, riguardo al fenomeno dei bambini di strada.

  
A livello economico quali i pro e i contro?

Ho uno stipendio tanzaniano medio ma che va di pari passo con quello dei miei colleghi locali.

Ho dovuto scegliere tra un lavoro che mi piace e mi appassiona, e che mi fa stare apposto con la mia coscienza, e tra uno che mi avrebbe potuto far arricchire ma che mi avrebbe fatto andar contro i miei ideali (es: un impiego presso qualche ong internazionale; su questo argomento avrei un sacco di cose da dire ma credo che questa non sia la sede giusta).

Se vivessi sola il mio stipendio mi potrebbe anche bastare ma non per mantenere la mia famiglia, così con mio marito gestiamo una pizzeria, ma che in una città come Dodoma possiamo tener aperta solo la sera, e gli incassi son quelli che sono, (Dodoma è una città in crescita, con pochissimi espatriati, quindi lavoriamo prevalentemente con la classe media tanzaniana, e il grosso degli “affari” lo facciamo durante le sessioni parlamentari), però ci permette di farci vivere dignitosamente e di far studiare le bambine.

Non puntiamo ad arricchirci, non ci importa e non ci è mai importato, quello che vogliamo è vivere in un posto che ci piace, a stretto contatto con la gente del posto, e vivere del nostro onesto lavoro.

Oltre alla pizzeria gestiamo un piccolo resort sulla costa, ma visto che la Tanzania pur essendo molto bella e varia è conosciuta solo per Zanzibar, Serengeti e Ngorongoro, lo stiamo mettendo in vendita perchè non lo possiamo gestire come meriterebbe. Vivendo a circa 700 km di distanza questa attività non sta funzionando.

L’investimento è stato possibile grazie ad un amico di mio marito, che vive in Italia, che ha messo il capitale e noi la forza lavoro.

Grazie e buon lavoro

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