Gambia, il minuscolo paese sospeso tra finzione e realtà

di Jonathan Mastellari

La Gambia date le sue dimensioni, con 11.300  kmq è uno dei più piccoli paesi dell’Africa e con la sua posizione, completamente circondata dal pacifico Senegal tranne che per lo sbocco ad occidente sull’ Oceano Atlantico potrebbe essere una tranquilla nazione di cui, come spesso avviene, l’occidente si dimentica sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista politico.

In realtà il governo di questo minuscolo stato negli ultimi anni ha avuto una politica internazionale a dir poco vivace grazie anche alle decisioni più o meno discutibili  del suo Presidente Yahya Jammeh che nel 1994 ha preso il potere con un colpo di stato.

A livello interno il paese ha una situazione abbastanza stabile dal punto di vista economico (il 75% dei cittadini ha un impiego ricollegabile all’agricoltura) anche se possiede uno dei PIL più bassi di tutto il continente mentre dal punto di vista politico la figura indiscussa del Presidente non permette una reale alternanza al governo e l’esistenza di una reale opposizione.

Anche i dissidi tra i gruppi etnici, costituiti dalla maggioranza mandinka e dalle minoranze wolof e fula vengono messe in secondo piano e nascoste ai media internazionali dal progetto di immagine perfetta all’estero che il Presidente Jammeh negli ultimi anni sta cercando di raggiungere.

Da questo punto di vista visitare Banjul, la capitale del paese, è abbastanza sorprendente.

Al turista o al visitatore che arriva dal confinante Senegal passando dal nord attraversando il fiume Gambia con il traghetto dalla cittadina di Barra o per chi arriva dalla regione senegalese a sud della Casamance, salterà all’occhio un’essenziale differenza, l’assenza dei mucchi di plastica e dell’inquinamento portata dai rifiuti che purtroppo nel paese di Dakar invece rovinano gli splendidi panorami.

Il governo di Yahta Jammeh ha infatti proibito di buttare qualsiasi tipo di spazzatura per la strada e la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti almeno nella capitale ha un servizio molto efficiente a tal punto di creare indignazione da parte di alcuni cittadini se essa rimane accatastata, come ad esempio il caso avvenuto a Banjul ad ottobre subito dopo il periodo della festa islamica della Tabaski.

Anche il bere una semplice bibita in bottiglia in vetro per le strade di Banjul diventa reato perché possibile fonte di inquinamento, situazione esattamente opposta a quella che si trova presso i  cugini senegalesi, dove la presenza di bottiglie e oggetti accatastati è una costante.

E’ dallo stesso Senegal che probabilmente la Gambia cerca di distinguersi e di allontanarsi, andando alla ricerca di un’immagine a livello internazionale ben distinta dai cugini francofoni.

La Gambia, ex colonia britannica (indipendente dal 1965) è ancora oggi un’enclave anglofona all’interno di  un vasto territorio dove il francese insieme al wolof sono le lingue principali.

Per questo motivo Banjul ha negli anni sviluppato relazioni e scambi di interesse diversi rispetto a Dakar.

La voglia di immagine perfetta per la Gambia perseguita dal Presidente Yahya Jamme diventa quasi maniacale, come maniacale è la venerazione dello stesso presidente e della sua immagine ben visibile in tutti gli angoli del paese.

Pochi hanno il coraggio di definirlo dittatore, ma non manca nell’effettivo nessun elemento per attribuirgli questa etichetta.

Nella capitale della Gambia gigantografie del presidente campeggiano un po’ ovunque, sull’autostrada, lungo la via principale di Banjul, nei negozi e cartelloni pubblicitari vengono dedicati a fargli gli auguri di compleanno o a ricordare gli ottimi “risultati elettorali” ottenuti nelle ultime elezioni “democratiche”.

Trovare un gambiano che nel proprio paese abbia voglia di parlare di politica non è di certo facile, molti hanno paura che le eventuali lamentele possano arrivare alle orecchie di dipendenti pubblici o forze di polizia, ipotesi non così impossibili nella minuscola Gambia, ma al di fuori del paese, ad esempio in Senegal non è difficile trovare persone che soprattutto con i turisti (meglio evitare i senegalesi poiché molti hanno parenti che vivono a Banjul o sulla costa oceanica gambiana per lavorare negli alberghi) si aprano e raccontino ciò che in realtà nel paese cosi apparentemente perfetto non va.

La perfezione è ricercata oltre che per l’immagine del proprio paese anche per la sua immagine personale di perfetto figlio e discepolo di Dio, di perfetto uomo islamico.

La  popolazione della Gambia, paese non teocratico,  è per il  90% mussulmana.

Jammeh ha però reso questa sua profonda venerazione verso Allah, in una posizione i governo che diventa profondamente chiusa e poco avvezza nell’importare e nell’approcciarsi verso alcuni aspetti del mondo occidentale, come ad esempio i diritti per le persone omosessuali.

La Gambia è diventato uno dei paesi più omofobi di tutto il continente africano. Essere omosessuale o avere comportamenti riconducibili a tale identità è punibile dalla legge, ma questa non è una novità per molti paesi del continente.

La cosa anomala è ricollegabile al fatto che per la prima volta la Gambia è uno stato che ha connesso questa posizione di disprezzo verso una fascia della popolazione ad una decisione connessa alla propria politica internazionale.

Senza vergogna a settembre 2013 il Presidente Jammeh ha definito presso il Congresso Onu i propri cittadini omosessuali una sciagura ed in connessione a questo, per evitare di appoggiare indirettamente posizioni non in linea con il suo pensiero omofobo riportato anche a livello governativo ha deciso, un mese dopo, di annunciare l’uscita del paese dal Commonwealth (di cui faceva parte dal 1965, anno della sua indipendenza) dopo la decisione della Gran Bretagna di concedere progressi nell’equiparazione dei diritti civili per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisex, transgender).

Connesso a ciò il rifiuto nel 2007 di pensare alla reale esistenza dell’Aids nel paese (indirettamente connessa al mondo omosessuale) e alla sua incurabilità.

Per dimostrare questo, il presidente Jammeh annunciò al mondo intero, scandalizzando l’ambiente scientifico, di aver trovato un intruglio dalla ricetta segreta a base di erbe (connesso alla medicina tradizionale dell’Africa occidentale) destinato a curare l’AIDS e a prevenire i contagi da HIV.

Nonostante queste posizioni estreme che nel tempo anno allontanato politicamente alcuni paesi occidentali, oggi la Gambia mira ad essere una ricercata meta turistica all’interno del continente.

Con il nome ben studiato a tavolino di “Smiling Coast of Africa/ La costa sorridente dell’Africa” oggi il paese attira soprattutto sulle spiagge di Serekunda e Bakau, nonostante i problemi politici, turisti soprattutto dai paesi anglofoni e del nord Europa, garantendo ad una buona fascia di popolazione la sopravvivenza proprio grazie a questo settore.

Nonostante questo la Gambia mira oggi a migliorare la propria situazione economica costruendosi una rete di relazioni internazionali e di investimenti attentamente studiata.

E’ di questi giorni la notizia che il governo guidato da Jammeh ha deciso di abbandonare i rapporti diplomatici con Taiwan (paese ufficialmente riconosciuto indipendente dalla Cina da Banjul) per questioni legate a motivi strategici nazionali.

Sarà questa l’ultima trovata del presidente Jammeh per avvicinare i capitali cinesi, sempre più importanti e determinanti per l’economia del vicino Senegal?

Sicuramente questo è un passo avanti nella ricerca di capitali internazionali per rendere la Gambia una nuova regina di contraddizioni, dove allo stesso tempo si trova una grande fascia di cittadini con limitatissime possibilità economiche e accoglienti strutture alberghiere, sfarzose sedi di multinazionali e nessun tipo di inquinamento sul suolo che mirano a donare un sorriso al turista al visitatore per affari che possa servire a mascherare tutti i reali problemi della nazione e della sua popolazione.

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