Intervista a Giovanni Puglisi

Giovanni Puglisi è presidente della Fondazione Banco di Sicilia. Gli obiettivi dell’istituto riguardano lo sviluppo regionale dell’Italia e dell’Europa. E anche di partecipare allo sviluppo africano, soprattutto nel settore dell’agro-industria, nella produzione alimentare per il consumo locale e nel settore delle esportazioni nei mercati europei.

Qui sotto, l’intervista al professor Puglisi a margine della conferenza stampa di presentazione della quarta edizione del Forum sull’Africa 2010 che ha avuto luogo a Milano il 26 luglio al Four Season Hotel.

Come descriverebbe il ruolo degli africani in questo progetto?

“E’ un ruolo fondamentale perché l’Africa è uno dei due termini del progetto. L’Europa e l’Africa. L’Europa vuol dire anche l’Italia, vuol dire anche la Sicilia, vuol dire un reticolo di interessi che ha una visione geografica ma anche una visione politica e culturale comune. L’Africa è l’altro protagonista. Direi il protagonista centrale. Perché oggi il continente africano, le popolazioni africane costituiscono una realtà di grande interesse sia dal punto di vista culturale che da quello economico. Questi due aspetti sono profondamente collegati.

Non ci può essere sviluppo economico senza mettere la cultura al centro del processo. Questo progetto vuole stimolare questi due partenariati, quello culturale e quello economico. Sin dalla prima edizione del nostro forum abbiamo preso l’abitudine d’incontrare almeno due volte l’anno gli ambasciatori africani accreditati presso la repubblica italiana, oltre ai rappresentanti delle agenzie internazionali intergovernative come l’Unesco e la FAO, per concordare i temi del forum, partendo da una valutazione dell’incontro precedente e raccogliendo osservazioni, critiche e suggerimenti da parte degli ambasciatori africani sulla direzione delle diverse iniziative del forum”.

Con questo progetto, c’è la possibilità per i prodotti agricoli africani di arrivare in Europa ed essere venduti in modo da permettere agli africani di avere un lavoro, produrre beni e servizi nei loro paesi?

“Sì. E’ proprio questo l’obiettivo a lungo termine di questi incontri. Questo è un progetto che richiede una grande sensibilità culturale. Una sensibilità che riguarda sia la cultura d’impresa, sia la cultura per la valutazione dei prodotti. Do un esempio. In Africa ci sono terre sconfinate che sono molto fertili e che possono rendere sofisticate produzioni agricole. In molti casi, tuttavia, questo non avviene perché gli abitanti dell’Africa sono abituati a produrre solo ciò di cui hanno bisogno. Perciò penso sia fondamentale assistere questi popoli, questi paesi nello sviluppare un’agricoltura commerciale, a sviluppare i propri prodotti e a commercializzarli. In questo senso, la nostra iniziativa può aiutare a creare opportunità di lavoro per gli africani”.

Alcuni africani ritengono che le relazioni Europa-Africa riguardino solo lo sfruttamento delle risorse africane. Diciamo che la situazione non è esattamente come pensano loro, ma come si può fare per convincerli che questo progetto non li sfrutterà?

“Se c’è una regione in Europa o in Italia che ha vissuto, anche in tempi recenti, le drammatiche esperienze che lei attribuisce all’Africa e agli africani, è la Sicilia. Cioè quella di vedere la propria terra, le proprie intelligenze e le proprie capacità sfruttate senza lasciare niente sul territorio. La Fondazione Banco di Sicilia, che promuove l’iniziativa, è fortemente convinta di questo. Perciò quello che cerca di realizzare è un progetto che sia fondato sul rispetto reciproco e, soprattutto, sulla valorizzazione delle capacità reciproche. Questo non è un tentativo di ripetere lo stesso errore dell’Europa sviluppata nei confronti dell’Africa, come è stato nei secoli passati. Anche perché credo che chiunque abbia raggiunto un grado di maturità sufficiente per capire quale sia il confine tra lo sfruttamento e la valorizzazione. Non credo che ci siano più spazi per lo sfruttamento.

Penso che ci siano ampie possibilità per la valorizzazione e questo dipende dagli africani, da quanto loro siano consapevoli delle loro potenzialità. Tutto questo deve avere come obiettivo la valorizzazione delle loro capacità, dei talenti e delle risorse per creare una migliore organizzazione dei loro territori e delle loro industrie. Per dirla con una battuta ai miei amici africani: “Nessuno ti regala mai niente”, questa è la verità. Per potere essere protagonisti del proprio destino è necessario non solo essere convinti della propria intelligenza ma anche saperla utilizzare e sfruttare al meglio.”

Quali sono le risposte a questo progetto da parte degli africani?

“In questo momento abbiamo dei contatti con lo Zambia, che è il paese da cui siamo partiti. C’è l’Uganda che ha dato la sua disponibilità. Il problema principale qui è quello di far capire agli europei e agli italiani che c’è un’opportunità di commercio anche per loro. In cose come queste, vede, non esiste l’aspetto umanitario anche se il problema dell’agricoltura è legato al cibo e quello della nutrizione è uno dei temi fondamentali del nostro tempo.

Basti pensare che l’Expo di Milano nel 2015 avrà come tema centrale quello della nutrizione, del cibo, dell’acqua. E’ un argomento di cui si sente parlare spesso. Ed è anche un tema che è sempre guidato dall’economia e dal commercio. Come dicevo qualche minuto fa, l’agricoltura commerciale può essere sviluppata nei territori africani e ci possono essere partner italiani ed europei in queste relazioni bilaterali con l’Africa e i suoi produttori.

Vede, quello che posso dire in questi anni d’esperienza è che c’è una risposta positiva da parte delle classi dirigenti africane. Dall’altro lato c’è un crescente interesse da parte della  società civile africana, di ONG e organizzazioni che sono espressione della società. Molti di loro sono presenti al nostro forum di Taormina. Per la sua continuità, queste iniziative hanno bisogno di un sostegno costante e di sicurezza…”

Quali sono le sue speranze per il futuro di questo progetto?

“La speranza è che questi sforzi siano coronati dal successo delle iniziative. Una persona malata guarita in Africa e un giovane africano che lascia il suo continente per studiare e poi ritorna in Africa per contribuire alla crescita dell’agro-industria nel suo paese o aiuta a commercializzare i suoi prodotti. Questi sono tre piccoli sogni.

Sono ottimista e spero di vederne realizzato almeno uno.”

Grazie per il tempo dedicatoci.

Ewanfoh Obehi Peter

Traduzione di Piervincenzo Canale

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