Di Maio su Libia e immigrazione

DI MAIO: «LA MAGGIORANZA TROVERÀ UN ACCORDO E FORZA ITALIA NON SERVIRÀ»

ROMA – Sulla legge elettorale, Luigi Di Maio comprende l’agitazione del Pd, la fretta di ottenere un sistema proporzionale prima del referendum sul taglio dei parlamentari. Sui decreti sicurezza, però, il ministro degli Esteri usa parole diverse da quelle dei dem: «L’accordo va rispettato, ma in politica il tempismo è tutto. Adesso la priorità è fermare le partenze».

La riforma che lei ritiene epocale è un pericolo? Secondo il Pd, in mancanza di correttivi, c’è il rischio che il taglio dei parlamentari leda il principio di rappresentanza di tutti i cittadini.

«Parliamo di una riforma votata da tutto il Parlamento, di cui si parlava da venti anni e che ci normalizza. Solo l’Italia aveva un così alto numero tra deputati e senatori. Detto questo, sulla legge elettorale c’era un accordo e noi vogliamo rispettarlo».

Sicuri? Perché il patto tra lei e il segretario pd Zingaretti risale a mesi fa e finora avete solo rinviato.

«Io credo che dopo il taglio dei parlamentari al Paese servirà una nuova legge elettorale. Comprendo le preoccupazioni del Pd, l’accordo era che contestualmente alla riforma avremmo cambiato le regole del gioco: legge elettorale e regolamenti parlamentari. Confido nel fatto che parlandoci, all’interno della maggioranza, troveremo una soluzione».

In che tempi? Votando la nuova legge prima del referendum almeno in un ramo del Parlamento, come chiede il Pd?

«Noi non avremmo nessun problema».

E se per far passare il proporzionale, con Italia Viva nettamente contrarla, servissero i voti di Forza Italia?

«Le ripeto che non considero affatto esaurito lo spazio di dialogo sul tema. Sono convinto che le forze politiche di maggioranza sapranno trovare un punto di incontro».

Altrimenti il governo rischia?

«Ma no, che c’entra. Abbiamo una coalizione di governo e facciamo una proposta. Poi vedremo chi vuole associarsi, ma partiamo dalla maggioranza».

È vero che c’è un riavvicinamento tra lei e Salvini?

«Non sento Salvini da quando è caduto il governo, perché da quel momento e venuta meno la sua affidabilità».

E se nel Carroccio ci fosse un cambio di leadership?

«Non commento le questioni interne della Lega».

E’ necessario un rimpasto per rafforzare la maggioranza?

«La maggioranza è forte. Né il Movimento né io vogliamo alcun rimpasto, pensiamo invece che questo governo debba continuare a lavorare e che mettersi a parlare di ruoli nel bel mezzo della crisi economica non sia responsabile».

Come valuterebbe un ingresso del segretario Pd, magari al Viminale?

«Il diretto interessato ha già smentito».

Per restare ad alcuni dei nodi aperti nella maggioranza, abbiamo rifinanziato gli accordi con la Guardia Costiera libica subito prima che tre migranti minorenni fossero uccisi, una volta riportati indietro. Sente il peso di questi avvenimenti?

«E’ in corso il negoziato per la revisione del Memorandum del 2017. Il tema dei diritti è prioritario, parliamo di esseri umani. Siamo fiduciosi che le autorità libiche collaborino per un maggiore coinvolgimento dell’Unhcr. Abbiamo ricevuto segnali importanti in questa direzione anche durante la mia ultima visita a Tripoli».

Non sarebbe stato meglio cambiare quegli accordi prima di rinnovarli? Le cito Emma Bonino: «La guardia costiera libica non esiste». Esistono, in Libia, milizie in contrapposizione tra loro. E c’è una guerra in corso.

«Quegli accordi non li ha fatti questo governo, noi li stiamo rivedendo, garantendo al contempo la sicurezza nazionale. È evidente che sulla Libia serve una voce europea più forte, bisogna lavorare a fermare ogni interferenza esterna. Con l’operazione Irini puntiamo a far rispettare l’embargo e a rompere il muro di ipocrisia intorno all’invio di armi da parte di Paesi terzi».

Che succede con la Tunisia?

«Sta vivendo una fase di instabilità politica ed economica dovuta anche alla mancanza di un governo in questo momento. Noi vogliamo aiutare e sostenere il popolo tunisino in questa sfida. Ma si tratta di un Paese sicuro e abbiamo già detto che chi sbarca sulle nostre coste sarà rimpatriato. Ho letto le medesime dichiarazioni da parte del Presidente Saied e lo ringrazio. Non escludo di andare a Tunisi nei prossimi giorni».

Ma come può l’Italia aiutare a evitare le fughe da questi Paesi, strumenti repressivi a parte?

«Vogliamo adoperarci per rafforzare le istituzioni democratiche tunisine. Favorire occasioni di sviluppo nel Paesi vicini in difficoltà è il solo modo per frenare i cosiddetti migranti economici. Il punto non sono gli sbarchi, ma le partenze. I primi alimentano solo la propaganda di pochi. Dobbiamo intervenire alla radice e l’Italia deve trovare il coraggio di farlo attraverso una politica più attiva nel Mediterraneo, anche in termini di risorse. Bisogna avere il coraggio di investire di più nella nostra politica estera. Non dimentichiamoci che in alcuni Paesi, come la Libia, abbiamo i nostri interessi geostrategici e la competizione con i nostri partner, seppur sana e leale, esiste».

Non è ora di cambiare il nostro modello dl accoglienza? Di puntare di più sull’integrazione?

«Io penso che dobbiamo migliorarlo in virtù della crisi sanitaria che abbiamo attraversato, perché i numeri stanno cambiando. Sulle tendopoli, sono d’accordo con la ministra Lamorgese quando dice che dovranno essere provvisorie. E anche l’invio dei militari a sorvegliare i centri è stato sacrosanto, c’è ancora una pandemia. Poi bisogna potenziare i centri per i rimpatri».

I grandi centri sono stati fallimentari. Gli Sprar erano invece percorsi più umani, integrati nel tessuto cittadino. Li ripristinerete?

«L’accoglienza diffusa è sempre stato un nostro obiettivo, ma attenzione al messaggio che si dà in questo senso, perché — lo ripeto — adesso dobbiamo bloccare le partenze».

Vuole ancora cambiare i decreti sicurezza?

«L’accordo fatto in maggioranza va rispettato. Detto questo, ora il problema è altrove e le ricordo che i tempi in politica sono fondamentali. Non dobbiamo sottovalutare l’impatto di queste notizie sulle popolazioni africane».

Significa che settembre non è il momento giusto?

«C’è un accordo per recepire le osservazioni del capo dello Stato e va rispettato, ma dirlo in piena estate può creare un effetto illusorio per i migranti. Devono capire che nessuno sta parlando di riformare la disciplina della cittadinanza o dei permessi di soggiorno».

La dinamica dell’esplosione di Beirut è ancora oscura, ma si tratta di un episodio devastante. L’Italia invierà aiuti?

«Partiranno due C-130 dell’Aeronautica militare con otto tonnellate di materiale sanitario e squadre dei vigili del fuoco, coordinate dalla Protezione civile. Uomini e mezzi saranno messi a disposizione della ricostruzione. E anche in termini di cooperazione siamo pronti a fare la nostra parte».

Fonte: esteri.it

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