Corriere.it parla di Riace paese dell’accoglienza

Borghi abbandonati, ecco l’Italia che sa fare accoglienza

di Giulia Polito

RIACE (Reggio Calabria) – Il Mediterraneo è fonte di inestimabili ricchezze, di risorse e tesori nascosti ancora da scoprire. Lo sanno bene a Riace, piccolo comune della costa jonica reggina, assurto agli onori della cronaca nel 1972 grazie al ritrovamento dei celebri Bronzi oggi custoditi nel Museo Archeologico del capoluogo di provincia. Certo che, dopo la scoperta dei due Guerrieri nei fondali marini, nessuno avrebbe potuto immaginare che da quello stesso mare, alla fine degli anni ’90, sarebbe giunta una vera e propria occasione di rinascita per il paese.

Una nave carica di curdi, turchi e siriani finiti sulle coste riacesi per caso, portati dal vento. E che hanno fornito ad un sindaco visionario, allora consigliere comunale di minoranza, la giusta ispirazione per mettere a punto un sistema efficiente e intelligente di accoglienza e integrazione. Una strategia vincente che ha riportato alla vita Riace e la sua comunità priva ormai di ogni speranza.

IL PAESE DELL’ACCOGLIENZA

Oggi Riace è il “paese dell’accoglienza”, così come citano i numerosi cartelli dislocati lungo la salita che dalla marina conduce al paese antico. Giunti a destinazione lo scenario che si apre è di quelli che non ci si aspetta: vasi ricavati da tronchi d’albero colmi di fiori, una piccola arena dipinta con i colori della pace, un parco attrezzato con giostre e giochi per bambini, murales dedicati alla multiculturalità. Infine un cartello in cui vengono elencate tutte le nazionalità presenti nel paese. Perché a Riace oggi convivono persone di circa 22 nazionalità differenti, perfettamente integrate alla comunità locale. Impiegate nelle cooperative sociali di raccolta e smaltimento dei rifiuti, hanno anche recuperato le antiche botteghe e gli antichi mestieri legati all’artigianato locale.

«Alla fine degli anni ’90 – racconta il sindaco Domenico Lucano – eravamo circa 500 anime, dall’entroterra la popolazione ha iniziato a migrare verso la marina. Riace era un paese fantasma dove immaginare un futuro era diventato impossibile». Da qui l’idea di accogliere gli stranieri appena arrivati nelle case abbandonate del paese e di istituire delle borse-lavoro a loro dedicate. «A Riace non esistono centri d’accoglienza. La comunità è il nostro unico centro d’accoglienza. Sono stati i cittadini riacesi che, spinti dalla disperazione e dalla voglia di sperimentarsi, hanno portato avanti un’idea in cui all’inizio credevamo in pochi, ma che negli anni ha fatto scuola in tutta Italia».

IL MODELLO RIACE E IL PROGRAMMA NAZIONALE ASILO

Proprio da Riace e da altri 58 comuni aderenti è partito nel 2001 il Programma Nazionale Asilo, diventato una vera e propria piattaforma di sperimentazione italiana del Ministero degli Interni, dell’Alto Commissariato per i Rifugiati e dell’Anci.

«Abbiamo voluto creare un sistema di relazioni – spiega ancora Lucano – e fare di Riace il centro del mondo. Questa dimensione multietnica è diventata elemento attrattivo per il turismo solidale. L’economia è ripartita, il paese si è ripopolato. Oggi siamo circa 1800 abitanti di cui almeno 400 migranti. Siamo riusciti a fare di un problema un’occasione di rinascita e di sviluppo. Ma a prescindere da tutto è il messaggio di umanità che ci interessa e che abbiamo voluto lanciare da queste terre».

Così Riace, luogo di emigrati, è diventato un punto di attracco per i migranti del Mediterraneo. Un “mare pieno di voci”, come scriveva Giovanni Pascoli in un celebre testo, ricco di storie ancora da raccontare.

Fonte: corriere.it

 

 

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