17mo anniversario impiccagione Ken Saro-Wiwa

Oggi ricorre il 17° anniversario dell’impiccagione di Ken Saro-Wiwa, scrittore che si è battuto per i diritti della sua etnia (Ogoni, maggioritaria nel delta del Niger) contro le violazioni dei diritti umani in Nigeria. Riportiamo un articolo di Gianfranco Della Valle pubblicato su Sancara.org.

Nigeria North

La devastazione del Delta del Niger

Il Delta del Niger è l’area fluviale più vasta dell’Africa, è il terzo delta al mondo. Ha una superficie complessiva di circa 70.000 kilometri quadrati (per avere un metro di paragone, per noi italiani, il nostro maggior delta, quello del fiume Po, si estende su di una supercie di 786 chilometri quadrati). Era un paradiso ecologico, un ecosistema dove foresta pluviale, paludi alluvionali e anse del fiume si amalgamavano in un perfetto equilibrio tale da far vedere, in modo netto ed inequivocabile, la straordinaria bellezza della natura e da far vivere, attraverso la pesca, la caccia e l’agricoltura oltre 20 milioni di persone.

Oggi non è più così. 

Alle fine degli anni ’50 (esattamente tra il 1956 e il 1957) fu scoperto il petrolio. Le concessioni furono acquistate in particolare dall’anglo-olandese Royal Dutch Shell. Le compagnie – e in particolare la Shell – hanno per decenni occupato l’area, estratto ed inquinato, corrotto i governi (gli introiti da petrolio rappresentano tra il 40 e il 60% del PIL nazionale), infiltrato persone nel governo per condizionarne le scelte e scacciato le popolazioni locali dal loro habitat tradizionale. Non dimentichiamo che anche l’italiana ENI estrae petrolio in Nigeria. Nello stato del Rivers (la cui capitale è Port Harcourt, oggi “città del petrolio” con le più grandi raffinerie della Nigeria) fu colpita una popolazione, gli Ogoni (oggi un gruppo di 500 mila persone) che a partire dagli anni ’90 iniziarono una dura lotta prima contro il governo nigeriano e successivamente direttamente contro le multinazionali del petrolio. Nel 1990 nacque infatti il MOSOP (Movement for the Survival of Ogoni People) guidato dallo scrittore e poeta Ken Saro-Wiwa. Il movimento riuscì a portare all’attenzione internazionale il problema del Delta del Niger (tra le richieste vi era quella di utilizzare gli enormi dividenti del petrolio per le popolazioni locali, che per oltre il 70% vivono sotto la soglia di povertà). Ken Saro-Wiwa fu arrestato più volte, condannato e infine impiccato – assieme ad altri 8 attivisti del MOSP – il 10 novembre 1995. Naturalmente l’assassinio del leader ogoni -avvenuto durante la sanguinosa dittatura di Sani Abacha –  ebbe un grande eco internazionale (la Shell patteggiò, con un risarcimento di 11 milioni di euro, pur di non far svolgere il processo sulle sue responsabilità).
Dall’inizio degli anni 2000 è attivo anche un gruppo armato, denominato MEND (Movement for the Emancipation of the Delta Niger) che attacca direttamente le compagnie petrolifere ed i suoi dipendenti. Sin dall’inizio il MEND ha chiesto agli “stranieri” di lasciare le loro terre, pena la morte. Ecco il resoconto dell’ultima azione del MEND.

Un rapporto, pubblicato nell’agosto 2011 (Enviromental Assessment of Ogoniland) dell’UNEP (United Nations Environment Programme) ha stabilito che ci vorranno almeno 30 anni di interventi, alcuni dei quali urgenti, e svariati miliardi di dollari per ripristinare l’ambiente naturale. I danni dovrebbero essere pagati dalla Shell. Intanto, come denuncia il giornalista Osasu Obayiuwana su New African (nel mese di gennaio in mensile New African ha dedicato uno speciale al Delta del Niger, con il titolo “The Rape of Paradise“, che poi è il titolo di un libro di George Osodi), nulla è stato fatto.
Il Rapporto dell’UNEP ha impegnato per 14 mesi un folto team che ha esaminato oltre 200 località, sorvegliato 122 chilometri di oleodotto, compilato oltre 5000 cartelle cliniche, incontrato 23 mila persone, analizzato oltre 4000 campioni di terreno.
Il rapporto evidenzia lo stato di gravissimo inquinamento. Le popolazioni locali bevono acqua contaminate da idrocarburi. Il 60% dei campioni prelevati supera i livelli consentiti.

Quello del Delta del Niger è uno scempio verso la natura e l’uomo. L’avidità delle multinazionali (che poi a ben guardare è l’avidità nostra che usiamo i derivati dal petrolio) e una classe politica corrotta ha consentito decenni di distruzione. E’ stato l’ennesimo atto di violenza contro l’Africa (che sia chiaro, attuato con la piena complicità di africani) e contro il suo popolo. Si sono fatte cose (e si continuano a fare) che nel nostro mondo non sarebbero mai state possibili. Nessuna legge, nessuna tutela per le popolazioni, nessuna distribuzione degli ingenti introiti dalla concessioni petrolifere, ma solo tanto denaro per pochi. La Nigeria è l’ottavo esportatore al mondo di petrolio e contemporaneamente uno dei paesi più poveri del mondo. Si stima che siano stati riversati – solo da perdite degli oleodotti – oltre 500 milioni di galloni di petrolio nel Delta del Niger (un gallone è circa 5 litri). Gli oleodotti sono stati posizionati tagliando a metà villaggi, lungo i fiumi che fornivano acqua da bere alla popolazione, spesso con materiali scadenti e senza nessuna manutenzione.

Non vi sono ragioni al mondo per non affermare che chi ha prodotto questo disastro debba pagare fino all’ultimo centesimo il ripristino (se mai sarà possibile, comunque quanto più possibile) dell’ambiente naturale. Non è un problema che riguarda solo gli Ogoni (o i nigeriani). E’ un tema che riguarda tutti noi, il mondo intero.

Vi segnalo il sito della rivista The Atlantic dove si possono vedere delle straordinarie (e purtroppo tristi) immagini del Delta del Niger.

 

Fonte: sancara.org; foto: ItzaFineDay

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