“Internazionalizzazione deve contare su supporto pubblico” – Craxi

Il concetto di interesse nazionale va oggi ridefinito ed aggiornato, in un contesto in cui le innovazioni tecnologiche annullano le distanze spaziali e temporali e l’interdipendenza tra nazioni e aree geografiche impone di muoversi su più livelli per ridefinire l’identità del “sistema Italia”. L’imprenditoria italiana ha sempre saputo muoversi sui mercati mondiali, ma talvolta questa adattabilità si rivela condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere i risultati desiderati. E si rende necessario il supporto pubblico.

Sotto il profilo geografico, mercati diversi offrono opportunità diverse. I Paesi della sponda Sud del Mediterraneo presentano caratteristiche largamente complementari alle nostre: trend demografici crescenti, tassi medi annuali di crescita del 4%-5%, ampie disponibilità di risorse naturali. Essi offrono attraenti opportunità per i nostri investitori in vari settori: le infrastrutture, l’energia, la collaborazione tra le piccole e medie imprese.

Non c’è solo l’orizzonte mediterraneo, naturalmente. L’azione complessiva dell’Italia deve muoversi in contesti, anche geografici, ben più ampi. L’Asia, innanzitutto. Un’area che esce dalla più grave crisi del dopoguerra con un tasso medio annuo di crescita di quasi l’8% e che costituisce al tempo stesso un immenso mercato, una buona base produttiva e anche un bacino di raccolta di enormi capitali. In alcuni Paesi, come il Giappone, possiamo contare su una presenza consolidata, in altri – Cina, Corea, India, Vietnam – ci siamo affacciati da poco e si tratta ora di intensificare l’azione di proiezione esterna del nostro Paese.

La ripresa in corso si muove con intensità diverse: mentre crescono rapidamente gli scambi soprattutto con il Mercosur e la Turchia e si intensificano i rapporti con la Russia e l’Asia centrale, seguendo le nuove rotte dell’energia, le esportazioni verso Unione Europea e Stati Uniti recuperano più debolmente. In America Latina, in questo momento, è il Brasile a fare la parte del leone, con un saldo commerciale che è tornato positivo per il nostro Paese (647 milioni di dollari) per la prima volta dal 2001. Quanto ai Balcani occidentali, essi costituiscono una regione di radicata presenza economica italiana. Insieme alla Germania, l’Italia è il principale partner commerciale dei Paesi della regione: “public utilities” e settore finanziario i due comparti su cui più investiamo.

Anche con alcuni Paesi dell’Africa, ancorché lentamente, si stanno rafforzando le relazioni economiche e commerciali, in un’ottica di partenariato e di creazione di rapporti stabili e duraturi.

La sfida da vincere sul piano economico può contare su alcuni punti di forza. Il nostro cosiddetto “softpower”, la capacità di proiettarci all’estero facendo premio sulle nostre attrattive culturali nel senso più ampio del termine, non può andare disgiunto dalla coscienza di avere a nostra disposizione anche un patrimonio tecnologico e di innovazione industriale. L’immagine da proiettare all’estero è quella di un Paese in cui tradizione e innovazione vanno di pari passo, in cui coscienza e orgoglio del passato si sposano a creatività e a tecnologie rivolte al futuro, anche valorizzando il lavoro dei nostri scienziati all’estero.

Dobbiamo avere la consapevolezza che la crisi economica e finanziaria mondiale, dalla quale non siamo ancora completamente fuori, ci consegnerà un mondo completamente diverso da quello che eravamo abituati a conoscere. Il nostro Paese possiede le risorse umane e materiali per affrontare ad armi pari anche i concorrenti più agguerriti. Storicamente, nei momenti di crisi ha saputo mostrarsi all’altezza. Lo farà anche stavolta.

Stefania Craxi

Fonte: esteri.it, Libero,

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