Sudafrica: Zuma e i milioni spesi a casa sua

Ventotto milioni di dollari. Per la maggior parte della popolazione sudafricana una cifra nemmeno lontanamente immaginabile, per il Presidente del Sud Africa Jacob Zuma, invece, il costo di una serie di lavori all’interno della sua residenza di campagna a Nkandla, nella provincia di KwaZulu-Natal.

Ventotto milioni di dollari presi dalle casse dello Stato, questa è l’accusa rivolta a Zuma dal quotidiano City Press, che ha pubblicato una serie di documenti del ministero dei Lavori Pubblici, e dal partito di opposizione Democratic Alliance.

In un incontro con la stampa il presidente sudafricano ha tentato di gettare acqua sul fuoco affermando che la cifra riportata da City Press è esagerata e che i lavori all’interno della residenza gli sono stati imposti dal governo per motivi di sicurezza. Un eliporto, un ascensore per andare dai bunker sotto terra al primo piano della villa, vetri anti-proiettili e, soprattutto, due campi da calcio in erba sintetica per far giocare le guardie, queste sono solo alcune delle voci di spesa dei lavori, alcuni già realizzati, altri ancora da realizzare, che compaiono nei documenti pubblicati dal quotidiano sudafricano.

Per Lindiwe Mazibuko, parlamentare di Democratic Alliance, il presidente Zuma dovrebbe pagare di tasca sua solamente il 5 per cento dei lavori mentre il restante 95 sarebbe a carico dello Stato e, quindi, dei contribuenti sudafricani. «Il governo ha vagamente provato a giustificarsi e a nascondere i dati ricorrendo al National Key Point Act del 1980, un retaggio dell’era dell’apartheid – replica Helen Zille, leader del partito di opposizione -. Ma questo non è bastato a non far trapelare la notizia e quello che sta succedendo non è solo moralmente sbagliato e ingiustificabile viste le difficoltà sociali del nostro Paese, ma credo che sia anche illegale».

Non è un caso quindi che la Scopa, la commissione parlamentare incaricata di tenere sotto controllo i conti pubblici, abbia affermato di voler aprire, su invito di Democratic Alliance, un’indagine conoscitiva sulla residenza di Nkandla. E non lo è nemmeno il fatto che la sezione provinciale dell’African National Congress, il partito di Zuma, di KwaZulu-Natal, abbia invitato senza mezzi termini Helen Zille ad abbandonare l’idea di visitare la residenza e l’area limitrofa per evitare violenze e incidenti con i residenti.

Quello di Nkandla è solo l’ultimo degli scandali che vedono come protagonista il 70enne Jacob Zuma, uno dei volti storici dell’Anc. Poligamo con quattro mogli e, si dice, più di venti figli sparsi per il Paese, Zuma è già stato al centro, nel corso degli anni, di numerose accuse per corruzione. Recentemente, poi, è stato accusato da più parti di non aver fatto nulla contro l’eccidio di minatori a Marikana, nell’agosto di quest’anno, durante il quale trentaquattro lavoratori in sciopero persero la vita sotto i colpi di fucile della polizia. Tragedia che ha portato a settimane di scioperi selvaggi e alla paralisi dell’industria mineraria del Paese, cosa che ha contribuito a far abbassare il rating del Paese e a far rallentare la crescita del Sud Africa (stimata, per quest’anno, attorno al 2,5 per cento).

L’ultimo scandalo, poi, arriva in un momento molto delicato per Zuma, con le elezioni per la presidenza dell’Anc alle porte e la sua popolarità in forte calo. Scandali a parte, l’accusa mossa, anche dalla base del partito, nei confronti di Zuma e dei leader dell’Anc, è quella di aver perso il contatto con la realtà del Paese, contribuendo ad allargare la forbice tra la maggioranza della popolazione povera e una ristretta élite sempre più ricca. «Non è così – ha affermato Zuma ieri in parlamento -. L’ineguaglianza nel Paese non sta crescendo dal 1994. Anzi, sta diminuendo. Prima del 1994 non c’erano imprenditori neri e la povertà era più diffusa rispetto ad adesso».

Ma il punto di vista di Zuma non sembra più essere quello della totalità del partito, tant’è che Kgalema Motlanthe, uno dei possibili rivali di Zuma nella corsa alla leadership del partito, ha spiegato come il prossimo congresso dell’Anc «sia un punto di non ritorno per il partito che da lì deve ripartire per rimettere in ordine il Paese».

 

Fonte: dagospia.com

 

 

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