Sempre più immigrati proprietari di abitazioni

Aumentano gli immigrati proprietari di abitazioni ma rimangono discriminati nel mercato degli alloggi.
Uno studio contenuto nel libro “Stranieri e disuguali. Le disuguaglianze nei diritti e nelle condizioni di vita degli immigrati”.

Uno degli aspetti più importanti del rapido processo di stabilizzazione della popolazione straniera riguarda l’insediamento abitativo.

Dalla prima indagine del 2001 della Fondazione Ismu sugli stranieri in Italia, in particolare in Lombardia – una delle principali regioni di insediamento – risultava che oltre un terzo degli intervistati viveva presso il proprio datore di lavoro o in appartamenti condivisi con altri immigrati non parenti.

Quasi un intervistato su dieci dormiva in strutture di accoglienza, case occupate abusivamente, baracche, alloggi temporanei o altre sistemazioni precarie.

La stessa indagine ripetuta a dieci anni di distanza, nel 2011, ha fornito un’immagine significativamente diversa: oltre un quinto degli intervistati vive in una casa in proprietà, oltre la metà vive in un’abitazione in affitto che condivide solo con i propri familiari. La percentuale di persone intervistate in condizioni di forte marginalità abitativa è praticamente dimezzata.

È quanto emerge dall’analisi condotta da Claudio Daminato e Novena Kulic pubblicata in Stranieri e disuguali. Le disuguaglianze nei diritti e nelle condizioni di vita degli immigrati per le edizioni Il Mulino, testo curato da Chiara Saraceno, Nicola Sartor e Giuseppe Sciortino e anticipato dall’agenzia Redattore Sociale.

Nel giro di un decennio, la popolazione straniera è divenuta pertanto un segmento stabile del mercato delle abitazioni, con effetti di rilievo, sia su quello delle locazioni che delle compravendite.

Rispetto alle famiglie italiane, quelle straniere vivono più spesso in affitto, in case maggiormente affollate e di qualità inferiore, per quanto riguarda sia le condizioni interne dell’abitazione, sia la tipologia del quartiere in cui la famiglia abita.

Sempre nella ricerca, si indica che circa il 71% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà della famiglia, mentre lo stesso accade soltanto per il 23% delle famiglie straniere.

Il dato è particolarmente marcato nelle fasce di età sopra i 35 anni, dove la differenza tra italiani e stranieri è massima. Inoltre, tra le famiglie straniere, la proprietà della casa non è distribuita sul territorio in modo omogeneo. È, infatti, maggiormente concentrata nella zona nord-est e nord-ovest del paese, e queste zone contribuiscono a quasi il 60% delle case in proprietà degli stranieri.

Confrontando le famiglie della stessa situazione economica e dal profilo demografico simile, si è osservato come sia il tasso di proprietà tra gli stranieri sia le condizioni interne delle abitazioni si avvicinano a quelle medie degli italiani. E il maggior affollamento delle abitazioni delle famiglie straniere resta invariato, o peggiora, quando la comparazione viene fatta su gruppi omogenei per condizione socioeconomica.

Le famiglie straniere, inoltre, pagano maggiori costi per la casa, a parità di tutte le altre condizioni.

Si è visto anche che il tempo trascorso in Italia aumenta la probabilità di comprare una casa, ma non cambiano le altre condizioni abitative.

A conclusione dello studio, gli autori affermano che il disagio abitativo delle famiglie straniere non può esser considerato esclusivamente come effetto delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza.

(Red.)
Fonte: immigrazioneoggi.it

 

 

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