Pougala scrive a Obama – 2a e ultima parte

Quanto vale la parola di un alto dirigente americano oggi? NIENTE. Proprio niente.


Segue da qui: un-africano-scrive-a-obama-sulla-guerra-in-libia/

Il 6 settembre 2008 l’ex Segretario di Stato Condoleezza Rice, durante una sua visita che lei stessa ha definito storica dopo 55 anni dal predecessore e dopo 51 anni di un’alta autorità americana in Libia (Nixon nel 1957 allora vicepresidente), dichiara alla stampa: “Penso che questa visita dimostri che gli Stati Uniti non hanno nemici permanenti e che quando dei paesi sono pronti a fare dei cambiamenti strategici d’orientamento, gli Stati Uniti sono pronti a rispondere“, e toccava al porta-parola del dipartimento di Stato, Sean McCormack, aggiungere a proposito di Iran e Corea del Nord: “La Libia è un esempio che dimostra che, se alcuni paesi fanno una scelta diversa da quella che fanno attualmente, possono avere relazioni diverse con gli Stati Uniti e col resto del mondo, e che noi terremo le nostre promesse“.

Il suo predecessore, George BUSH e la Sig.ra C.RICE hanno, secondo lei, commesso un errore di giudizio convincendo nell’arco di 6 anni (dal 2001 al 2006) la Libia a liberarsi di tutta una serie di armi pericolose in cambio della promessa che questo paese non sarebbe mai stato attaccato? O lei non è molto attento sul rispetto degli impegni presi dai suoi predecessori?

No Signor Presidente! hanno solo applicato il princìpio repubblicano tanto caro a Abraham Lincoln: « Ciò che voglio sapere innanzitutto, non è se avete fallito, ma se avete saputo accettare il vostro fallimento ».

Il Presidente Bush aveva semplicemente accettato il fallimento della politica americana d’isolamento della Libia dal 1981 e aveva deciso di cambiare rotta, con molte difficoltà, ma il successo dell’iniziativa va tutta a suo onore con il ripristino delle relazioni diplomatiche nel 2004. Così, anche se la colpevolezza della Libia non è mai stata stabilita, il suo predecessore è riuscito a farla accettare d’indennizzare tutte le famiglie delle vittime di Lockerbie e del caffè di Berlino; ma ha accettato anche di disfarsi delle sue armi di distruzione di massa, ha aperto i dossier dei suoi servizi segreti per aiutare gli USA nella lotta contro il terrorismo mettendo a rischio il proprio territorio e il proprio popolo contro possibili rappresaglie.

In qualsiasi paese, Signor Presidente, per quanto primitivo possa essere, una volta pagato un debito nei confronti della società, il capitolo è chiuso. E’ ciò che il Presidente Bush ha voluto dimostrare fermando questo capitolo opaco con la Libia con questa visita ufficiale. Posso sapere esattamente di cosa è accusata di nuovo la Libia dopo questo nuovo inizio del 6 settembre 2008?

Dopo più di 3 mesi di aggressione inutile contro il popolo libico, la prego Signor Presidente Obama di SAPERE ACCETTARE LA VOSTRA SCONFITTA.

I suoi compagni di viaggio non potranno far altro che sostenerla: per esempio, la Francia in un mese ha fatto atterrare urgentemente 6 caccia bombardieri Mirage sull’isola di Malta perché in panne, per mancanza di carburante i giorni 20/04, 23/04 e 02/05 (fonte AFP).

Poiché, Signor Presidente, come gliel’ha detto la Cina attraverso il suoi quotidiano China Daily, siete dei paesi ancora convalescenti usciti da una crisi finanziaria che non è finita e non avete alcun mezzo finanziario per sostenere una guerra lunga. Ne sono testimonianza le numerose defezioni dei vostri alleati: la Norvegia vi ha informato dal 9 maggio di non avere i soldi per continuare una guerra oltre il 24 giugno, l’Italia chiede la fine dei bombardamenti perché non sa dove trovare immediatamente 40 miliardi di euro per evitare di piombare in una crisi di tipo greco ecc…

Saper accettare questa sconfitta le renderà onore invece di continuare con questa fuga in avanti per vendicarsi dei civili inoffensivi gettando bombe a casaccio tutti i giorni, senza che si sappia dove lei pensa di arrivare in questo modo.

Signor Presidente Obama, le chiedo troppo se la prego di ascoltare almeno la voce degli americani eletti che ieri 24/6/2011 con le voci dei suoi 70 eletti nelle file dei Democratici, le hanno chiesto di fermare la sua guerra in Libia?

E’ troppo chiederle di occuparsi degli americani che l’hanno votata per trovare loro un lavoro e di lasciarci in pace in Africa cosicché possiamo scegliere noi stessi il nostro destino, finanche sbagliandoci e imparando dai nostri errori?

E’ troppo chiederle di liberare il presidente Laurent Gbagbo della Costa d’Avorio che non ha commesso altro sbaglio che quello di non essere stato docile nei confronti del sistema che ci opprime da 500 anni?

Signor Presidente, il mondo è cambiato. Siamo passati al digitale ma sembra che lei guardi l’Africa ancora su una pellicola in bianco e nero.

Nonostante tutti i freni che il suo sistema di regole del gioco truccate ha imposto, l’Africa ha un tasso di crescita medio del 6% all’anno. Noi non siamo che all’inizio della nostra rivoluzione industriale e le materie prime che vi attirano tanto sono destinate a soddisfare i nostri stessi bisogni di consumo, poiché, contrariamente ai nostri genitori e a noi stessi, i nostri figli non vogliono più vivere di privazioni e che essi si trovino a Niamey o a Pretoria, vogliono vivere nello stesso comfort che a Los Angeles o a Parigi, vogliono anche divertirsi e per soddisfare tutta questa richiesta di consumi abbiamo bisogno delle nostre materie prime.

Ci stiamo già ponendo il problema di come fare a reperire le risorse, le materie prime per soddisfare i bisogni sempre più raffinati di questa nuova popolazione africana.

Le consiglio quindi, di cambiare politica in modo che porti i suoi concittadini a ridurre i loro consumi e adattarli alla disponibilità delle risorse in vostro possesso e per le quali non avrete più bisogno di vivere in una guerra permanente con l’umanità.

Mi piace concludere con queste parole che faccio mie: « La povertà non è una vergogna, ma lo è lo sfruttamento dei popoli. Riprendiamoci tutti i nostri diritti poiché tutte queste risorse sono nostre » Presidente egiziano Nasser nel suo discorso radiofonico ad Alessandria [d’Egitto, NdT] il 26 luglio 1956, annunciando la nazionalizzazione del canale di Suez e l’inizio della guerra d’aggressione della Francia e del Regno Unito per annullare la sua decisione.

Nella speranza di leggere la sua risposta, le comunico Signor Presidente degli Stati Uniti d’America, la mia più alta considerazione e approfitto di questa occasione per augurarle buona fortuna per la sua prossima rielezione nel 2012.

 

Jean-Paul Pougala
Ginevra, 25 giugno 2011
pougala@gmail.com www.pougala.org Facebook

(*) Jean-Paul Pougala è uno scrittore camerunense, direttore dell’istituto di studi geostrategici e professore di sociologia e geopolitica presso la Geneva School of Diplomacy di Ginevra in Svizzera.

 

Traduzione di Piervincenzo Canale.

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