Perché l’Africa non deve accettare lezioni dall’occidente?

Lezione di Geostrategia Africana n° 41 (testo estratto dal tomo 2) reso pubblico per la prima volta il 10/08/2012

PERCHE’ L’AFRICA NON DEVE ACCETTARE LE LEZIONI DI GOVERNANCE DA UN OCCIDENTE IN FALLIMENTO?

di Jean-Paul Pougala (*)

Traduzione: Piervincenzo Canale

“Si stava meglio al tempo dei Bianchi. Nelle nostre cliniche non c’è neanche una bottiglia di mercurocromo, i bianchi ce lo davano. Eravamo vaccinati, adesso non lo siamo più. Le scuole funzionavano, ora non esistono più. C’erano dei sentieri che venivano mantenuti, adesso non ce ne sono più. Quando si pensa a tutto ciò, viene voglia di piangere”. Questa frase non l’ha pronunciata un alcolizzato in un baretto del quartiere di Yopougon a Abidjan in Costa d’Avorio; non sono le proposte di un ospite del Centro di Salute Mentale « Tulizo Letu » a Goma in Repubblica Democratica del Congo, neanche quelle di un ospite appena ammesso all’Ospedale psichiatrico di Zébé a Aného (località situata ad una quarantina di chilometri a est di Lomé) in Togo. Queste sono le parole pronunciate sul canale parlamentare francese LCP nel gennaio 2010 da parte di un intellettuale africano, signor Kofi Yamgnane, segretario di stato (viceministro) sotto Mitterrand, ex sindaco del villaggio bretone di St Coulits (in Francia), consigliere per l’Africa di François Hollande durante la campagnia presidenziale del 2012. La sua candidatura è stata rinviata dalla corte costituzionale per le elezioni presidenziale togolesi del 2010. Lo sfortunato politico fa parte di una specie molto prolifica in Africa di politici che hanno conosciuto l’èra dell’occupazione coloniale, che per la maggior parte, per avere la propria fetta della torta, come programma politico non ha altro che l’inclusione e la processione verso ciò che chiamano loro stessi “le cancellerie occidentali” trasformando alcune ambasciate europee nei paesi africani in veri e propri santuari in cui ricevere la benedizione per il cammino verso il potere.

E per rientrare nella pelle del “selvaggio” appena “civilizzato” che deve ringraziare il salvatore, ogni argomentazione è costruita per convincere l’ex boia che siamo sempre suoi schiavi e fieri di esserlo. Queste persone sono in maggioranza figli di funzionari della prima ora che hanno studiato in Francia ed in Grand Bretagna spesso coi soldi della corruzione dei genitori, proprio là dove risiedono. Che siano membri dei partiti all’opposizione o ministri al potere, è la stessa cosa. L’azione più frequente che fanno riguarda la compilazione del catalogo di tutte le sfortune del mondo presentate come proprie all’Africa sempre con lo stesso e unico colpevole: l’uomo (loro presidente), e si spiega all’ambasciatore che sostituendolo sarebbe più burattino di lui.

Quando sono all’opposizione, nel loro programma, non c’è mai l’ombra di ciò che funziona e di come migliorare. Peggio ancora, non c’è mai la soluzione alla lista dei problemi annunciati precedentemente. E quando tentano di trovare una soluzione di facciata, è sempre per giocare a Babbo Natale fuori stagione senza spiegare mai come pensano di trovare le risorse necessarie per raggiungere il risultato.

Ciò che fa più male è che ritroviamo questo atteggiamento di sottomissione presso coloro che sono al potere. Le rivelazioni di Wiki-Leaks nel 2010 ci hanno mostrato fino a che punto in Africa, dei ministri, ma anche i presidenti della Repubblica non sanno perché sono lì. Abbiamo scoperto per esempio un rapporto di subalternità tra la presidenza del più grande paese africano, la Nigeria, e l’ambasciatore americano, spingendosi fino al licenziamento del Capo di Stato Maggiore dell’esercito nigeriano, il generale Victor Malu, il cui solo crimine commesso è stato quello di mettere in guardia i politici del suo paese sulla forte influenza degli Stati Uniti d’America sul sistema di difesa del paese. In una nota confidenziale, rivelata dal giornale nigeriano Vanguard News, il generale spiegava semplicemente ai politici appena insediati dopo la transizione democratica dai militari ai civili che gli USA, che facevano pressioni per formare i militari nigeriani nelle missioni di Peacekeeping (mantenimento della pace) non vantavano alcun successo in materia, indicando i successivi fallimenti americani in tutti i teatri di guerra dalla fine della seconda guerra mondiale, al Vietnam, alla Corea (sempre divisa in due) all’Iraq passando per la Somalia e l’Afghanistan. Concludeva così che l’esercito nigeriano vittorioso nella guerra del Biafra aveva motivo d’insegnare agli americani e non il contrario. Conseguenza del suo patriottismo: è stato licenziato per aver osato mettere in dubbio l’efficacia della superpotenza del capo.

ERA MEGLIO PRIMA?

Nella lezione 25, abbiamo già affrontato la questione del falso paragone tra i 4 draghi asiatici e i paesi africani, dove abbiamo stabilito un bilancio sommario e catastrofico della colonizzazione con l’assenza di strade, scuole, ospedali. Oggi ci dedichiamo ad un altro aspetto. Le RUP, Regioni Ultra Periferiche dell’Unione Europea, posso servirci per fare un paragone. Ce ne sono 8 di cui 5 appartengono alla Francia (Martinica, Guadalupa, Guiana, Réunion et Mayotte), 2 al Portogallo (Azzorre e Madeira) e 1 alla Spagna (Canarie). Al momento delle indipendenze africane negli anni 60, i paesi europei hanno deciso di non concedere l’indipendenza a quei territori, e li hanno amministrati fino ad oggi, 2012. Visto che non eravamo lì per sapere se fosse stato un bene o un male, possiamo paragonare la gestione dei 53 stati africani a questi 8 stati ancora colonie dell’Europa. Per questo fine utilizzeremo il sistema che si usa con le imprese per misurare la virtù della funzionalità. In altre parole, si tratta di sapere quanto all’interno di un’azienda è stato investito in un anno e come quest’investimento è stato produttivo, profittevole o quanto meno equilibrato rispetto alla scelta di posizionamento strategico dell’impresa.

Per paragonare questi paesi, prendiamo in esame il budget di un dato anno. Mentre in Africa, il bilancio di ogni anno è annunciato pubblicamente, è quasi impossibile conoscere quello dei paesi ancora colonizzati, le RUP. Ma noi ci siamo procurati un’informazione capitale pubblicata nel giornale francese Le Figaro del 11/02/2009 che comunica il budget delle RUP francesi a 12,7 miliardi di Euro nell’anno 2009. Ciò vuol dire che la Francia, per mantenere delle colonie nel 21mo secolo deve sborsare ogni anno la somma di 12,7 miliardi di Euro, ossia 1.115 miliardi di Fcfa per una popolazione totale di 2,6 milioni di abitanti su un totale di 119.975 km2. Quindi dobbiamo paragonare ciò che la gestione coloniale francese ottiene con questa cifra con il risultato che andremo in seguito a paragonare con i paesi africani, per sapere se era meglio prima o adesso.

Nel caso attuale della ricchezza di ogni nazione, si dividono i 12,7 miliardi per le 2,6 milioni di persone a cui questa cifra si riferisce e si ottiene un reddito per ogni abitante di 4.884 Euro. Nei dettagli, il bilancio della Réunion nel 2009 era di  4,05 miliardi d’Euro, per una popolazione di appena 800.000 abitanti. Si ottiene la cifra di 5000 € per abitante che è una cifra molto elevata a livello internazionale. Ma cosa nasconde quest’importo?

Si tratta di un inganno comportamentale ereditato dal passato coloniale europeo. Disporre delle terre al di fuori dell’Europa dà l’illusione di comandare il mondo. Ma se nel 1946, quando gli stati coloniali francesi si sono costituiti sotto l’appellativo di DOM (Dipartimento d’Oltre Mare), il prezzo del petrolio si avvicinava ai 2 dollari al barile, il problema della continuità territoriale non si poneva affatto. Ci si poteva offrire il lusso d’isolare delle terre che non comunicano, non scambiano niente con i vicini, importando tutto, finanche l’acqua da bere, da più di 10.000 km, 66 anni dopo, nel 2012, il prezzo del barile di petrolio dev’essere moltiplicato per 48, passando da 2 dollari a 96 dollari. Ciò ha trasformato quei territori, che avrebbero dovuto dare all’Europa l’illusione dell’universalità del suo potere, in un vero incubo finanziario.

Il peggio è che questo flusso di denaro non serve affatto a creare ricchezza, ma serve quasi interamente a sostenere un’economia speculativa di rendita alimentata dai discendenti degli schiavisti chiamati “Béké”, che non hanno affatto perso le vecchie abitudini della riduzione in schiavitù della popolazione di origine africana ridotta alla miseria o a mendicare gli aiuti sociali. Così, il prezzo di qualsiasi derrata alimentare o di altro è tenuto artificialmente alto affinché quei beni siano acquistati dai pochi che se li possono permettere. Esattamente come succedeva in Africa prima degli anni 60, delle indipendenze, quando erano gli stessi schiavisti che controllavano le attività economiche di tutto il continente africano.

Lo stato francese, preso alla sprovvista da una situazione che aveva esso stesso applicato in Africa per più di 100 anni, oggi non sa più cosa fare per liberare la sua popolazione presa in ostaggio da una manciata di ex schiavisti che non hanno affatto perso il fervore di un tempo. Quindi ha preferito una soluzione per una fuga in avanti: pagare i propri funzionari, i poliziotti, i magistrati, gli infermieri, i gendarmi, ecc. 40% in più rispetto alla stessa Francia. Ciò ha contribuito a buttare olio sul fuoco della crisi sociale che vivono tutte queste colonie da decine di anni, perché se lo stipendio dei dipendenti pubblici è aumentato del 40%, lo stato ha dimenticato di aumentare della stessa proporzione le allocazioni familiari e gli aiuti sociali versati ai più bisognosi, che sono sempre più numerosi.

LA SICILIA, SIMBOLO DI UN’EUROPA MAL GESTITA

Per sapere se l’Africa, che è stata gestita malissimo dagli europei durante il periodo buio dell’occupazione coloniale durata 77 anni, poteva essere meglio gestita oggi da quest’ultimi, basta vedere com’è gestita l’Europa stessa, come sono gestite le regioni d’Europa. Per quest’analisi, mi piace scegliere la regione della Sicilia in Italia. Perché questa scelta? Perché è in assoluto la regione europea più vicina all’Africa. Per capirci, l’isola italiana di Lampedusa è più a sud della città africana di Tunisi, capitale della Tunisia. Ciò vuol dire che i migranti che partono dalle coste tunisine di Tunisi, Sousse, Nabeul, Hammamet o di Kelibia per raggiungere le coste italiane di Lampedusa, in realtà ritornano in Africa poiché la loro imbarcazione punta verso sud per raggiungere le coste italiane. Quindi nel momento in cui si è parlato di primavera araba per indicare un paese mal amministrato e che ha portato alle manifestazioni popolari del 2010 e del 2011, com’era gestita la regione europea vicina della Sicilia?

Secondo il famoso quotidiano economico italiano: Il Sole 24 Ore del 24 marzo 2012, annunciando le cifre dei sindacati italiani, in Sicilia, il 28,5% delle persone sono disoccupate. 1 giovane su 2 è disoccupato, 1 laureato su 3 non fa più domanda di lavoro, perché sa già da prima che non otterrà risposta, anche negativa, le imprese non hanno più soldi per finanziare un servizio ad-hoc per rispondere il famoso « ci dispiace » a tutto l’esercito di disoccupati dell’isola. Ciò fa dire al signor Ivan Lo Bello, presidente degli industriali dell’isola, che a causa di 50 anni di cattivo governo, i politici non hanno visto che le spese aumentavano sempre mentre le ricette subivano un degrado vertiginoso. E che se non si cambiava strada si andava dritti verso la morte economica e politica dell’isola.

Ma cos’è questa cattiva governance di cui parla il presidente degli industriali?

Secondo la corte dei conti italiana, l’istituzione della regione Sicilia costa 516 € per abitante all’anno. E’ uno dei tassi più alti del mondo. Paragonato col Togo, secondo il bilancio ufficiale 2011, l’amministrazione togolese costa 152 € per abitante, 42€ quella del Mali che, prima della crisi politico-militare, era considerato come uno dei paesi meglio amministrati al mondo dove il costo dei dipendenti non rappresentava che il 13,77% della ricchezza nazionale contro il 60% in Sicilia che vanta un triste record di 5 miliardi di euro di debiti che la regione non riesce a rimborsare, a causa dell’incompetenza dei politici peggiorata dal clientelismo a oltranza e dalla corruzione di tipo mafiosa che per fortuna nessun paese africano conosce. Molti esempi possono permetterci di capire il fenomeno:

1- Secondo le informazioni pubblicate il 23/07/2012 da Domenico Ferrara su Il Giornale, quotidiano italiano della famiglia Berlusconi, ex presidente del Consiglio, per un discorso di un’ora del signor Lombardo, presidente della regione Sicilia, si sono succediti 18 stenografi. L’assessore regionale alle infrastrutture, Andrea Vecchio autore delle proposte, ha finanche cronometrato quest’indecenza che evidenzia la psichiatria politica e che ha certificato il record mondiale di 3 minuti per ogni stenografo per ricopiare questo discorso storico di Lombardo.

2- Stipendio: restiamo con le nostre gentili segretarie siciliane in gonna corta, molto corta. Quanto guadagnano per 3 minuti di lavoro al giorno? E’ ancora Vecchio che ci dà la risposta: appena assunte senz’esperienza, ricevono la modica somma di 2518 € nette al mese. E dopo 24 mesi di duro lavoro e forte traspirazione per ricopiare 3 minuti di discorso del presidente Lombardo, ricevono 6300 € netti al mese, cioè quasi 4 milioni di Franchi CFA al mese.

3- Dipendenza dall’assunzione: nella regione Sicilia, bisogna reclutare tutte le mattine non importa che lavoro faranno i nuovi assunti. Il quotidiano Il Giornale nella stessa edizione, ci rivela che ci sono dei Camminatori, cioè degli impiegati che passano le loro preziose giornate di lavoro a camminare, camminare e ancora a camminare da un ufficio all’altro per sapere se per caso c’è un pezzo di carta da dare all’ufficio del piano inferiore, per sapere se qualcuno ha bisogno di un bicchiere d’acqua. Tutti sono stati assunti nel mese di aprile 2012, nel momento in cui la regione, che vacilla sotto il peso di 5 miliardi di euro di debiti, rischiava già il fallimento. Con loro, 157 nuovi autisti sono stati assunti perché, come per le segretarie, non devono stancarsi a guidare per più di 15 minuti. Quello stesso giorno, la regione ha assunto 55 nuovi custodi per i 3 musei della città. Chi lo sa? Forse che in tempi di crisi i vicini Greci, anche loro in difficoltà finanziarie, potrebbero avere l’idea di venire a rubare le tavole religiose dei musei siciliani. Questi valorosi soldati si aggiungono ai 30.000 forestali dei boschi siciliani. Tuttavia, dopo avere perlustrato diverse volte la zona, non ho trovato neanche l’ombra di una foresta. L’isola, che soffre la siccità cronica ogni anno, non ha una vera foresta. Che importa, sicuramente assumendo 30.000 persone per lavorare nella foresta immaginaria, quest’ultima si deciderà finalmente a uscire fuori dalla terra. Ben inteso, a questa cifra bisogna aggiungere i 18.000 dipendenti che contano gli organismi della Regione Sicilia, tutto questo bel mondo non comprende, ovviamente, i dipendenti di competenza nazionale come la polizia, i carabinieri, le poste, il fisco, le prefetture,  ecc.

4- I FUNERALI pagati dal contribuente. In Sicilia, sono previsti per i politici, 500.000 €  da dare alla vedova o al vedovo per organizzare i funerali. Questa somma è versata anche per i familiari fino al 3° grado di parentela. Viva la democrazia.

5- Malattia nazionale: qualcuno potrebbe pensare che sono questi siciliani che sono pazzi. Un esempio: parlando di stenografia, una segretaria al parlamento nazionale italiano, prende 290.000 € all’anno al netto d’imposte, cioè 24.166 € netti al mese, ossia 15.850.917 FCFA di stipendio mensile versati a ogni segretaria del parlamento italiano, un paese che accumula un debito pubblico colossale di 1.965 miliardi di euro. Bisogna sempre trovare i soldi sui mercati per pagare i poliziotti, gli infermieri, ecc.

LA BUONA GOVERNANCE NON ESISTE

Prima di dire se l’Africa possa o meno ricevere le lezioni di governance dei paesi europei e nord americani, dobbiamo definire che cos’è una governance e utilizzare i criteri che lo stesso maestro ha elaborato per giudicarlo, apprezzarlo per poi dire se lo stesso è capace d’insegnare la virtù che professa.

Cos’è una governance? Il dizionario ci insegna che la governance è una gestione condotta con rigore. Ciò significa semplicemente che coloro che parlano di buona governance non sanno di cosa parlano. Si dovrebbe parlare piuttosto della buona o della cattiva gestione della cosa pubblica. Se parliamo di governance, dobbiamo essere certi di ben mettere il rigore al centro delle nostre preoccupazioni. Se c’è rigore nella gestione, allora si può parlare di governance o di gestione ottimale o di gestione controllata della cosa pubblica. Ciò ci conduce alla domanda fatidica del giorno: l’occidente pratica la governance?

Per rispondere a questa domanda, ci è facile semplicemente porre un’altra piccola domanda a prima vista senza importanza, ma che si rivelerà capitale per capire il seguito della nostra analisi ed è: consumiamo ciò che produciamo? Le risorse che produciamo quotidianamente sono sufficienti per far fronte ai nostri consumi quotidiani? Rapportiamo questa domanda a livello di comuni, regioni, paesi: la ricchezza prodotta ogni mese, ogni trimestre, ogni anno è sufficiente per soddisfare i consumi di questa città, di questa regione, di questo paese?

Nel settembre 1980, durante il mio primo corso di economia presso il liceo tecnico di Douala in Camerun, per spiegarci cos’è l’economia, il nostro professore ci raccontò la storia di Robinson Crusoe che viveva solo su un’isola deserta con ciò che trovava sotto mano e concluse che, in quelle condizioni, su quell’isola, non esiste economia. L’economia esiste perché le nostre necessità d’interazioni con la società sono enormi e le risorse per soddisfarle sono sfortunatamente ridotte, insufficienti. Permette di classificare i bisogni in ordine di priorità al fine di utilizzare in maniera ottimale le risorse insufficienti. Il giorno dopo toccava al professore di matematica finanziaria spiegarci l’utilità della sua materia. Secondo lui, i matematici finanziari permettevano di tradurre in soldi ciò che impariamo nel corso di economia. Era lo strumento matematico che permetteva di controllare con rigore il livello di uso delle risorse disponibili e il costo di quelle non disponibili al fine di garantire nel tempo il benessere e l’autonomia di una famiglia, di un’azienda, di un comune, di un paese.

Consultando il World Factbook della CIA di anno in anno,  si può concludere che queste due banalità economiche e finanziarie che non sono insegnate all’università, ma fin dal liceo in Africa, sono conosciute di gran lunga molto di più nei paesi africani per la gestione degli affari pubblici per esempio i comuni che non hanno un bilancio in rosso, contrariamente a quanto succede nei paesi occidentali che crollano sotto i debiti. Se la governance di un politico si misura per la sua capacità di ottimizzare quelle poche risorse a sua disposizione per offrire il miglior servizio alla sua popolazione, si può dire senza rischiare di sbagliarsi che i politici occidentali sono una vera catastrofe nell’arte di gestire le finanze. Non sono io a dirlo, ma è la conclusione del rapporto dell’agenzia di rating americana Fitch che, come le altre agenzie Moodys e Standard and Poor’s, ha abbassato il rating del 75% dei comuni e delle regioni dei paesi dell’Unione Europea, nonostante le proteste degli interessati che gridano al complotto americano contro l’Europa. In questo rapporto, pubblicato il 6 settembre 2011, Fitch afferma che saranno necessari quasi 11 anni, alla regione Picardia [Francia, NdT], per rimborsare la sua montagna di debito.

Esaminiamo senza troppa tecnicità le finanze delle regioni francesi, cioè di un paese che continua a beneficiare della tripla A, il voto migliore in 2 di queste 3 agenzie di rating americane. Sulla tavola presentata dalla rivista francese Capital nell’edizione del 25/02/2010, analizzando la situazione delle regioni francesi prima della crisi dal 2001 al 2008, si legge quanto ciò: al di fuori della Aquitaine e della Haute Normandie, tutte le 20 regioni francesi hanno visto i loro debiti aumentare in modo esponenziale senza che si capisca bene come faranno a rimborsarli, poiché sono installate in questa logica di prestare sempre più ogni giorno sui mercati. Per esempio in questo periodo di 7 anni il debito dell’Alsazia è aumentato del 327%, Champagne del 286%, Corsica del 234%, Limousin del 311%, Loraine del 338%, la Basse Normandie del 345%, Poitou Charentes del 335% ecc… Il giornale si spinge oltre  sparando palle di cannone contro la mediocrità diffusa dei politici francesi che si nascondono dietro il pretesto della riduzione delle ricette pubbliche dovute a numerose delocalizzazioni delle imprese verso la Cina o altrove. Questa spiegazione non può giustificare niente poiché cosciente della riduzione delle risorse, i debiti delle 5 regioni francesi sono stati quadruplicati nel periodo preso in esame come in Corsica dove il debito regionale arriva a 1105 € per abitante. Ciò ovviamente non tiene in considerazione il debito dei comuni, ancor meno il debito nazionale che piazza la Francia tra le nazioni più indebitate del mondo, nazioni che vivono molto al di sopra dei propri mezzi.

Non va meglio per i debiti delle città europee. A confronto, il debito di ognuna delle 60 città francesi più grandi supera il bilancio di diversi stati africani messi assieme. E’ ancora la rivista CAPITAL nell’edizione del 19/11/2011 che ci rivela le tecniche che usano le città francesi per simulare le vere situazioni catastrofiche d’indebitamento, facendo dimenticare il peso dell’intercomunalità: per esempio, si presentano le cifre del comune di Parigi apparentemente in ordine dimenticando quelle delle altre municipalità dell’Ile de France che, finanziariamente, sono tutte dipendenti da Parigi. Osservando questa globalità, il giornale concludeva che Delanoé, il sindaco di Parigi, che viene presentato come un buon amministratore, ha fatto esplodere il debito della sua città del 153% in 10 anni. Tocca a Capital comunicare che, secondo i suoi calcoli, i debiti reali delle 60 città più importanti, tutte senza eccezioni, mangiano la terra perché non sanno più cosa fare per prendere denaro a prestito né come rimborsare i loro debiti colossali.  Si scopre così un panorama davvero inquietante di debiti per ogni abitante dei comuni francesi: Le Mans, 2817 € per abitante, Perpignan 2657 € per abitante, Orléans 2791 € per abitante, Grenoble, 3355 € per abitante, Saint-Etienne, 3070 €/abitante , Lille 2730 €/abitante, Marseille 3535 €/abitante, Lyon 2716€/abitante, ecc.

Il debito delle città, delle regioni, dei paesi, nel momento in cui non è gestito è per definizione una vera e propria bomba a scoppio ritardato che aspetta la sua ora per esplodere. Era meglio prima? In ogni caso, l’attuale gestione dei nostri occupanti di ieri non ci rassicura su ciò che sarebbe diventata l’Africa con loro al posto di comando. Il tasso record di disoccupazione nelle colonie francesi della Martinica, Guiana, Reunion, Guadalupa e il livello esorbitante dei prezzi al consumo non ci rassicurano se pensiamo a come sarebbe diventata la maggioranza degli africani.

Ciò che è ancora più ridicolo è che l’africano che ha fatto questa dichiarazione per lo meno priva di qualsiasi fondamento è la stessa persona che si vanta di essere stato consigliere per l’Africa durante la campagna elettorale per la presidenziale del 2012 di colui che diventerà presidente, François Hollande. E dopo il piatto di resistenza alla stupidità umana, il signor Kofi Yamgnane ci serve anche il dolce spiegandoci le 5 azioni principali che ha esposto al presidente francese come linea guida della sua politica africana, un insieme di caricature di alcune idee ricevute e veicolate da diversi anni da alcuni intellettuali africani che hanno issato la bandiera bianca della sottomissione.

Il peso dei debiti delle città e delle regioni francesi è dovuto anche agli investimenti azzardati e ai prestiti detti tossici, il che dimostra che questi sindaci che il sistema cosiddetto democratico del suffraggio universale ha portato al potere non hanno la benché minima nozione di economia, ancor meno di matematica finanziaria. Siccome il popolo vota per definizione colui che promette di più e può fare più rumore, e non il più competente, abbiamo così il fenomeno della mafia che ormai fa parte del paesaggio politico europeo, non solo in Sicilia, ma un po’ dappertutto in Europa.

QUALI LEZIONI PER L’AFRICA

Se è provato che non si stava meglio prima, è anche chiaro che l’Africa non è immunizzata dai mali che minano oggi il paesaggio politico ed economico dei paesi occidentali nel loro insieme. L’Africa nel suo cammino verso il progresso, sta per diventare il nuovo El Dorado. La nuova generazione di politici africani che sta per arrivare al potere saprà sfruttare il vantaggio dell’esperienza della privazione ad oltranza alla quale il sistema dominante aveva costretto i suoi predecessori? L’Africa non deve ripetere gli errori dei paesi occidentali che hanno fatto credere alla popolazione che possedevano ciò che non avevano e grazie al modello del suffraggio universale, ognuno ha preteso una parte di una torta che in realtà non esisteva se non nella propaganda per attribuirsi i migliori superlativi di virtù del mondo. Si è cominciato così a vivere non di ciò che si possedeva, ma di ciò che si credeva di possedere, dall’individuo per la sua automobile allo Stato per finanziare le sue guerre. L’Africa deve dire a se stessa che a qualcosa la sfortuna è servita e fare della sobrietà nei consumi, un valore. L’esempio dell’Algeria è ai miei occhi molto lodevole per un paese africano capace di resistere alle sirene occidentali su come usare la sua fonte di ricchezza derivante dalla vendita del petrolio e del gas, per privilegiare il futuro e le sue generazioni. Il sottosuolo africano deve nella sua maggioranza rimanere inesplorato poiché noi abbiamo l’abitudine della privazione e anche se al momento dell’indipendenza non si era proprietari di niente, abbiamo imparato a rimboccarci le maniche, a lavorare senza sosta anche quando i risultati non erano percepibili. Abbiamo commesso molti errori come il fatto di coltivare il caffè e il cacao invece di coltivare ciliege, tartufi, vigne, ecc. molto più convenienti. Ma abbiamo fatto tesoro dei nostri errori e basta correggerli. Le nostre scuole, le nostre università devono poter formare sufficientemente delle persone per capire e gestire il mondo di oggi.

L’occidente si è eretto a generoso donatore di lezioni. Ma i loro consigli sono paragonabili a quelli dei preti cattolici celibi che spiegano da esperti alle coppie come far funzionare un matrimonio. Come può dare l’occidente dei consigli all’Africa che esso stesso non ha saputo applicare? Come si può prendere un allenatore europeo per offrire la coppa del mondo di calcio a un paese africano se non è riuscito a farla vincere al suo paese europeo? Com’è possibile assumere un direttore di una granze azienda pubblica nella persona di un amministratore europeo che è stato appena ringraziato dalla sua azienda in Europa per la sua cattiva gestione?

L’Africa non dispone delle migliori risorse umane del mondo, ma il rigore che la miseria ci ha costretto a subire deve diventare un patrimonio che possiamo insegnare al mondo. Non serve a niente bruciare le tappe per possedere un tram come a Parigi o a Londra, un sistema sociale che vanta aver fatto dei miracoli a Oslo o a Melbourne, se noi non gestiamo ogni tappa del nostro progresso, ogni centimetro della nostra libertà. Senza ciò i nostri punti di forza di oggi rischiano di diventare il nostro principale ostacolo di domani.

Douala, 10/08/2012

Jean-Paul Pougala

www.pougala.org

pougala@gmail.com

 

 

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