La sconfitta dell’occidente in Libia – 2a parte

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DOVE VA IL MONDO?

I maîtres à penser, dal rinascimento europeo a Sartre, sono scomparsi ma non sono stati rimpiazzati.

Oggi, i filosofi europei non sono più dei maestri del pensiero, ma dei maestri della piaggeria, alla Botul. Il pensiero che dovrebbe servire a governare il mondo multipolare del terzo millennio forse è da reinventare.

Ma come ci si può riuscire nel momento in cui la metastasi del denaro ha invaso e inquinato tutto l’occidente?

Se l’occidente, che ci ha messo tre secoli per inventare e sviluppare l’umanesimo, ha fallito, perché la Cina o il Brasile dovrebbero fare meglio? Il futuro ce lo dirà.

Ma ciò che noto e che mi rassicura è che in Cina la filosofia ha ancora un senso, laggiù non sono i politici al servizio delle Multinazionali come in Occidente, ma le Multinazionali al servizio dello Stato.

I leader sembrano avere un minimo di etica in politica; è il Confucianesimo che è applicato nella concezione stessa della politica al posto delle bombe della NATO per estrarre qualche goccia di petrolio in Africa.

Le autorità cinesi sono fiere di annunciare che la loro politica estera segue i princìpi di un discepolo di Confucio, dal nome di Mo Tseu, lo stesso che ha creato il concetto di Amore Universale.

Mo Tseu che è nato nel 479 e morto nel 381 prima dell’era cristiana, sostiene che quando si ama troppo la propria famiglia si è portati a commettere dei furti contro i propri vicini e quando si ama troppo il proprio paese e nient’altro che il proprio paese, si è portati a dichiarare guerra a cuor leggero contro gli altri paesi.

23 secoli fa, Mo Tseu sosteneva che coloro che vogliono regolare i problemi umani con la guerra sono dei pazzi di cui bisogna diffidare seriamente se non si vuole correre verso una vera catastrofe dell’intera umanità.

La crisi dell’occidente si traduce dunque in una mancanza di pensatori, una mancanza di sapienti, una mancanza di guide, un mancanza d’intellettuali impegnati.

Il dio denaro ha distrutto tutto lungo il suo passaggio.

Gli Occidentali sono diventati ciò che la filosofa Jacqueline Russ ha descritto col termine « Nomadi Culturali », poiché non sanno più dove vanno, ancora meno dove dormiranno domani. E’ una navigazione a vista su tutta la linea.

Le decisioni pesanti sono di tipo epidermico come l’entrata in guerra in Libia.

Durante il secolo dei lumi erano i filosofi europei che denunciavano i loro governanti di banditismo di stato. Oggi sono i filosofi francesi, italiani, britannici che incitano a entrare in guerra in Libia perché c’è un tornaconto materiale.

Questi filosofi e umanisti occidentali sono tanto esigenti per il rispetto dei diritti umani in Libia quanto sono malati di amnesia sulla situazione in Siria, in Yemen, in Birmania, in Corea del Nord, perché lì non c’è niente da guadagnare.

Oggi è la politica europea di sinistra, sedicente progressista, che incita a utilizzare le armi per andare a piegare la volontà dei più deboli del mondo al fine di imporre loro il pensiero unico del servilismo internazionale in vigore.

Come avrebbero reagito gli intellettuali europei, i “veri sapienti”, 150 anni fa, di fronte all’aggressione in corso contro il popolo libico? La risposta ci viene dalla bellissima lettera che Victor Hugo scrisse nel 1861 per denunciare l’altra aggressione fatta dagli stessi, la Francia e la Gran Bretagna, contro la Cina e più precisamente nel saccheggio del famoso Palazzo d’estate di Pechino.

Hugo scrive al capitano di Napoleone responsabile di questa spedizione, il Capitano Butler, per dissociarsi da questo preteso trofeo della vittoria della Francia di Napoleone sulla Cina indifesa.

Scrive:

Hauteville House, 25 novembre 1861
(…) Immaginate una costruzione indescrivibile, qualcosa come un edificio lunare, e vedrete il Palazzo d’estate. Costruite un sogno con del marmo, della giada, del bronzo, della porcellana, inquadratelo con del legno di cedro, copritelo con delle pietre, ornatelo di seta, fateci qui un santuario, là un harem, là una cittadella, metteteci degli dei, metteteci dei mostri, verniciatelo, smaltatelo, doratelo, imbellettatelo, fate costruire da degli architetti che siano dei poeti
i mille e un sogno di mille e una notte, aggiungete dei giardini, dei laghetti, delle fontanelle d’acqua e di schiuma, dei cigni, degli ibis, dei pavoni, in breve pensate a qualcosa come una sorta di caverna abbagliante della fantasia umana che rassomigli a un tempio e a un palazzo, era lì questo monumento. Per crearlo, era stato necessario il lento lavoro di due generazioni. Quest’edificio, che aveva l’enormità di una città, era stato costruito nei secoli, per chi? per i popoli. Poiché ciò che fa il tempo appartiene all’uomo. Gli artisti, i poeti, i filosofi, conoscevano il Palazzo d’estate; Voltaire ne parla. Si diceva: il Partenone in Grecia, le Piramidi in Egitto, il Colosseo a Roma, Notre-Dame a Parigi, il Palazzo d’estate
in Oriente. Se non lo si vedeva, lo si sognava. Era una sorta di capolavoro spaventoso, sconosciuto, intravisto da lontano in non so quale crepuscolo, come una silhouette della civiltà dell’Asia sull’orizzonte della civiltà dell’Europa.

Questa meraviglia è scomparsa.

Un giorno, due banditi sono entrati nel Palazzo d’estate. Uno ha saccheggiato, l’altro ha incendiato. Sembra che la vittoria possa essere una ladra. Una grande devastazione del Palazzo d’estate è stata fatta dai due vincitori. Si vede in tutto ciò il nome di Elgin, che ha la capacità di far ricordare il Partenone. Ciò che era stato fatto al Partenone, è stato fatto al Palazzo d’estate, in modo più completo e migliore, in modo da non lasciare niente. Tutti i tesori di tutte le nostre cattedrali messe insieme non eguaglierebbero questo splendido e formidabile museo dell’oriente. Lì non c’erano solo dei capolavori d’arte, c’era un ammasso di oreficerie. Grande sfruttamento, buon guadagno. Uno dei due vincitori si è riempito le tasche, mentre l’altro ha riempito i suoi bauli; e si è fatto ritorno in Europa, braccia basse, braccia in alto, ridendo. Questa è la storia dei due banditi.

Noi europei, noi siamo i civilizzati, e per noi, i cinesi sono i barbari. Ecco ciò che la civiltà ha fatto alla barbarie. Di fronte alla storia, uno dei due banditi si chiamerà Francia, l’altro si chiamerà Inghilterra. Ma io protesto, e la ringrazio di
darmene l’occasione; i crimini di coloro che guidano non sono l’errore di coloro che sono guidati; i governi sono qualche volta dei banditi, i popoli mai. L’impero francese ha intascato la metà di questa vittoria ed oggi espone, con una sorta d’ingenuità da proprietario, la splendida paccottiglia del Palazzo d’estate.

Spero che verrà un giorno in cui la Francia, liberata e ripulita, riconsegnerà questo bottino alla Cina derubata. In attesa, c’è stato un furto e due ladri, io ne prendo atto. Questa è, signore, la quantità di consenso che io do alla spedizione in Cina.

Victor Hugo »

L’esperienza drammatica della sconfitta dell’occidente nella guerra del Biafra dovrebbe insegnar loro a saper perdere una guerra per non fare delle vittime inutili.

Uccidere i figli e i nipoti di Gheddafi fino a sterminare tutta la famiglia non farà perdere la faccia a dei politici occidentali incompetenti e senza visione per l’avvenire che hanno avviato una guerra sporca che non avrebbe dovuto esserlo.

E la complicità e il silenzio degli intellettuali europei di fronte alle atrocità dei loro dirigenti politici in Costa d’Avorio ieri e in Libia oggi dovrebbe far scattare un campanello d’allarme su ciò che è diventata oggi l’Europa agli occhi del mondo.

 

Jean-Paul Pougala (pougala@gmail.com)
Ginevra 6 agosto 2011

Jean-Paul Pougala è uno scrittore camerunese. Insegna geopolitica
 all’Università di Diplomazione di Ginevra, in Svizzera. Questo
 articolo è il quarto sulla Libia. I primi tre si trovano sul sito
 su questo sito e su www.pougala.org - pougala@gmail.com

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