Il movimento LGBT tunisino è ancora vivo (e ottimista)

Non si può dire che si sia stata una rivoluzione finché non si raggiungono gli obiettivi della rivoluzione. E visto che in Tunisia questi obiettivi non li abbiamo raggiunti, per ora possiamo dire che c’è stata una rivolta contro le continue violazioni dei diritti umani“. E’ questo il bilancio sulla rivoluzione dei gelsomini, nel suo quinto anniversario, che espone a Il grande colibrì Ahmed Ben Amor, vice-presidente dell’associazione Shams (Sole) che in Tunisia si batte per la depenalizzazione dell’omosessualità. Se il paese per fortuna è in una condizione ben diversa dalla Libia, sprofondata nella guerra civile, o dall’Egitto, schiacciato da un regime militare, i rischi non mancano: “Ci sono grossi problemi, dal terrorismo alla società fortemente divisa. Però qui la primavera è un processo ancora in atto“. Ed è un processo per cui vale la pena battersi. Per questo Ben Amor è ottimista. E’ quasi un dovere.

DIETRO LE NUVOLE, SPLENDE IL SOLE

Gli omofobi tunisini si sono scatenati soprattutto contro Shams [ilgrandecolibri.com]. “Il 4 gennaio il governo ha deciso di sospendere la nostra associazione, opponendo una serie di motivazioni false che rendono l’atto evidentemente contrario alla legge. Abbiamo subito fatto ricorso e questo ci permette di continuare a esercitare le nostre attività legittimamente, in attesa dell’esito del processo“. Un processo che viene costantemente rinviato. “Sanno che non possono costringerci a chiudere, perché le autorità possono sciogliere un’organizzazione solo in caso di terrorismo, di illeciti finanziari o di altri gravi reati che nessuno ci contesta. Vogliono solo farci pressione, dimostrare la loro forza. Ma noi non ci pieghiamo. Shams continua a esistere e a portare avanti la sua battaglia“.

Ben Amor ricorda come la sospensione sia arrivata dopo che in parlamento il partito islamista Ennahda (Movimento della rinascita) ha accusato Shams di distruggere la moralità in Tunisia e ne ha chiesto la dissoluzione, “lanciando insulti inumani e indegni ai cittadini tunisini, che pure dovrebbe rappresentare“, ricorda l’attivista. Il provvedimento fintamente burocratico, insomma, ha evidenti motivazioni politiche. “Aggiungiamo anche il fatto che continuiamo a ricevere minacce di morte e le autorità non fanno nulla per proteggerci, anzi ci attaccano” accusa Ben Amor.

Attaccano Shams e attaccano i gay: a dicembre sei giovani sono stati arrestati con l’accusa di avere rapporti sessuali contro natura e sono stati torturati [ilgrandecolibri.com]. E’ proprio l’associazione ad avere fornito sostegno legale, rendendo possibile la libertà provvisoria, e ad accogliere quattro dei ragazzi, che sono stati cacciati di casa dalle famiglie. Il 25 febbraio dovrebbe arrivare la sentenza definitiva. “Sarà quasi sicuramente un’assoluzione o una condanna che si esaurirà con il periodo di carcere già scontato – sostiene Ben Amor – L’arresto ha indignato molti tunisini, ha creato scalpore sui media. Inoltre abbiamo anche ottenuto l’attenzione e il sostegno di molte organizzazioni non governative internazionali, e la Tunisia non può permettersi di mettere in dubbio la propria immagine di democrazia nascente“.

COSTRUIRE UN FUTURO DI TOLLERANZA

La situazione, insomma, è difficile, ma il vice-presidente di Shams non perde la speranza in un futuro migliore. A confortarlo sono anche i progressi realizzati negli ultimi mesi: “Il fatto che arrivasse un’autorizzazione ufficiale per la nostra associazione [ilgrandecolibri.com] è stato un passo avanti che nessuno si sarebbe potuto immaginare fino a poco tempo prima. E nell’ultimo anno la comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) è riuscita a organizzarsi come non era mai successo. Il dibattito sulla depenalizzazione dell’omosessualità, inoltre, ormai è avviato“.

Questo avanzamento è stato possibile anche alla rete di alleanze messa in piedi dagli attivisti LGBT. “Abbiamo contattato e invitato ai nostri eventi esponenti della società civile, artisti, filosofi, scrittori. Molti hanno scelto di accettare il nostro invito e ormai fanno dichiarazione gay-friendly molto esplicite e dirette. Crediamo che l’élite culturale e creativa possa essere il motore del cambiamento, possa aiutare la società a evolvere verso una maggiore tolleranza e apertura“. E poi ci sono le collaborazioni internazionali: “Per noi le iniziative promosse dal Grande Colibrì e da alcune associazioni durante le manifestazioni per le unioni civili in Italia [ilgrandecolibri.com] sono state importanti. E ci saranno altre occasioni per cooperare da una sponda all’altra del Mediterraneo“.

Intanto alcuni stereotipi sono da superare: “La Tunisia non è un paese islamista e la maggioranza dei tunisini sa distinguere tra legge e religione. Poi non possiamo negare che oggi la religione rappresenti un problema, ma perché è interpretata attraverso il machismo della nostra società. Qui l’uomo mantiene il proprio valore solo se rispetta certe norme sociali che sono diventate quasi un’identità nazionale. Però dobbiamo ricordarci che nel passato gli omosessuali non venivano perseguitati nei paesi islamici. Insomma, la religione è un pretesto“. E allora restiamo fiduciosi: la democrazia e il rispetto dei diritti delle persone LGBT saranno possibili anche negli stati a maggioranza musulmana. Sempre e solo se la nostra lotta comune non si fermerà.

Pier
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