Gentiloni: «L’accordo con Tripoli è possibile»

«Il destino della Libia dipende dai libici. Se non c’è un’intesa negoziale la prospettiva di stabilità non può essere imposta dall’esterno. Il nostro obiettivo è favorire in ogni modo un accordo, siamo pronti a dare una mano a tutti i livelli, dall’economia alla sicurezza, e siamo pronti anche a isolare con sanzioni individuali chi cercasse di sabotare l’accordo, ma sono i libici a dover decidere il loro destino». Manda un messaggio chiaro alla Libia, il nostro ministro degli Esteri.

Gentiloni, venerdì lei è volato ad Algeri per incontrare, assieme al mediatore dell’Onu Bernardino Leon, la leadership del Gnc (il Parlamento) di Tripoli. Come è andata?

«Ho raccolto volentieri l’invito dell’inviato dell’Onu per fare un ulteriore tentativo di mantenerli nel processo di pace. Credo che la partecipazione italiana sia stata utile, vedremo nei prossimi giorni se la posizione del Gnc cambierà. Dobbiamo sapere che l’accordo raggiunto il 12 luglio già coinvolge un numero significativo di componenti libiche e che quindi un’autoesclusione di Tripoli sarebbe un errore».

Ma l’intesa quadro voluta da Leon, che riconosce i diritti di Tobruk ma molto meno quelli di Tripoli, è realistica visto che il Gnc controlla pur sempre, gran parte della Tripolitania?

«L’intesa è stata firmata dal Parlamento di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale, dalle componenti di Misurata e di Zintan e da numerose municipalità, anche di Tripoli. Certo, un’intesa dalla quale il Gnc decidesse di restare fuori sarebbe un’intesa più debole. Ma se si chiamano fuori perdono la possibilità di far valere le loro ragioni al tavolo che discuterà degli allegati all’intesa».

Quanto influirà l’inclusività del processo di pace nella liberazione dei nostri quattro connazionali rapiti in Tripolitania?

«È difficile dirlo. Non ci sono rivendicazioni attendibili e a oggi appare più probabile che si tratti di organizzazioni che agiscono per ragioni estorsive piuttosto che politiche. Ma stiamo lavorando con la collaborazione di tutti, a livello di intelligence».

Come giudica l’appello ciel sindaco di Zuwara al presidente dell’Anci, fatto in un’intervista al nostro giornale, a partecipare a un dialogo tra municipalità?

«È un obiettivo molto utile, dobbiamo ricordare che gli attori che hanno un peso nel contesto sono molti. Che anche dalle municipalità venga un contributo positivo e che questo possa avvenire anche in rapporto con le città italiane è una spinta positiva. La mia impressione è che nella società libica oggi ci sia una grande maggioranza a favore di un’intesa. Lasciare il Paese in mano a conflitti e a gruppi criminali sarebbe una follia».

Gli interessi economici in Libia sono in gran parte in Tripolitania. Non fu un errore chiudere l’ambasciata a Tripoli?

«Noi abbiamo chiuso l’ambasciata a febbraio, da ultimi e dopo essere stati per lungo tempo soli tra i Paesi occidentali. L’abbiamo chiusa per oggettive ragioni di sicurezza. Ma non abbandoniamo la Libia al suo destino».

A differenza dell’Italia, l’Europa si rende conto di avere una potenziale Somalia alle proprie porte?

«Il lavoro che noi italiani stiamo facendo sia in sede europea che in sede Nato per spingere la questione libica ai primi posti delle agende internazionali ha prodotto nell’ultimo anno risultati importanti. Non dimentichiamo che il tema libico è ormai al centro dei vertici e che sul tema migratorio c’è stato un duplice impegno: l’Europa ha avviato la missione navale, e in sede Onu si è definita una bozza di risoluzione per dare un quadro di legittimità internazionale a ulteriori fasi di questa missione. Non è poco».

Sinora è partita solo la fase uno della missione navale antitrafficanti. Le fasi ulteriori scatteranno solo se ci sarà un interlocutore affidabile in Libia?

«Le fasi successive hanno bisogno di un’ulteriore decisione del Consiglio Europeo, che dovrà basarsi su un quadro di legalità internazionale. Quindi con una risoluzione dell’Onu, che è sostanzialmente definita, e che si basa sul fatto che ci sia una autorità libica che chiede l’intervento dell’Onu contro il traffico di esseri umani».

Un intervento di terra è fuori discussione?

«Nessuna avventura da parte nostra. Siamo stati molto chiari nel dire che l’Italia è pronta a fornire un contributo se e quando il processo di stabilizzazione comincerà, nelle forme che saranno richieste dai libici e concordate a livello internazionale. Faremo la nostra parte e sarà rilevante».

Fonte: esteri.it

 

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.