Gentiloni: “Brennero, no a decisioni unilaterali dell’Austria. Serve cooperazione nella crisi dei profughi”

“Siamo ben lungi da un’invasione” (Die Presse)
Il Ministro dell’Interno austriaco Wolfgang Sobotka ha già annunciato per la fine di maggio controlli ai confini con il Brennero. Come reagirà l’Italia ?

Qui non si tratta soltanto di un problema bilaterale. L’Austria e l’Italia sono membri di una comunità e questa comunità si chiama Unione Europea. L’UE ha delle regole che vanno rispettate: la chiusura di confini all’interno dello spazio Schengen non può essere decisa da singoli Stati. Al riguardo, gli accordi UE prevedono condizioni ben precise: la premessa è che si tratti di una situazione estrema che comprometta la sicurezza del Paese, oppure di una situazione di emergenza. Le misure devono comunque essere “proporzionali”. Attualmente non esiste nessun fattore esterno che giustificherebbe la chiusura del Brennero: sebbene i flussi migratori attraverso il Mediterraneo verso l’Italia siano intensi, non sono diversi da quelli del 2014 e del 2015 – siamo ancora ben lungi da un’”invasione”. Confidiamo che Vienna non prenderà decisioni unilaterali nei prossimi mesi. E che l’Austria continuerà a collaborare strettamente con noi nella crisi dei profughi.

 Anche l’Italia potrebbe introdurre controlli ai confini?
Non voglio discutere su possibili reazioni e controreazioni, di scenari che in questo momento non sono di attualità. Capisco le preoccupazioni austriache e apprezzo lo sforzo compiuto dal vostro Paese per accogliere un numero elevato di richiedenti asilo. Ma, ripeto, serve collaborazione, non decisioni unilaterali. Dovremmo piuttosto riflettere sulla considerevole importanza simbolica, storica ed economica del confine del Brennero in Europa.

L’Austria giustifica la chiusura del confine con il fatto che l’Italia fa semplicemente passare i profughi verso nord. Quali misure sono previste dall’Italia in questo contesto ?
In base alle nostre informazioni attualmente vi sono più profughi provenienti dall’Austria verso l’Italia che non viceversa. In ogni modo noi abbiamo ottemperato ai nostri obblighi nei riguardi dell’UE: quasi tutti gli hotspots sono attivi. Secondo la Commissione Europa oramai viene registrato il 100% dei profughi che approdano in Italia. Ci aspettiamo che anche altri Paesi comunitari adempiano finalmente ai loro obblighi, ad es. per quanto riguarda la pattuita ripartizione dei profughi dall’Italia e dalla Grecia su altri Paesi UE; molti Stati Membri si rifiutano di accoglierli. Almeno nella sorveglianza delle coste comunitarie abbiamo raggiunto alcuni progressi. Ma non si può affidare ai soli Paesi di primo arrivo il rimpatrio di migliaia di persone che non hanno titolo di soggiorno e approdano in Grecia, in Italia o altrove. Ciò richiede anche un’enorme impegno finanziario e logistico, l’organizzazione di migliaia di voli. Deve essere un impegno comune europeo.

Come possono essere arrestati i flussi di profughi ?
L’accordo con la Turchia potrebbe servire come esempio dell’impegno necessario per un accordo con i Paesi africani: i governi di Paesi terzi sicuri quali la Nigeria, il Senegal o la Costa d’Avario vanno convinti, attraverso aiuti finanziari da parte dell’UE, a riammettere i migranti respinti. Essi potrebbero contribuire a fermare i flussi migratori dai loro Paesi. Quei migranti africani che hanno invece diritto all’asilo (ad esempio provenienti da Mali, Eritrea, Somalia) dovranno essere ripartiti nell’Unione Europea.

Roma intende finanziarie il suo programma in materia di migrazioni attraverso crediti comunitari, la Germania è contraria.
Aumentano nell’UE i pareri positivi sul piano italiano, mi auguro che a breve si giungerà a un consenso.

Il Vicepremier del Governo unitario libico ha chiesto che nell’accordo venga inclusa anche la Libia. Ciò sarebbe immaginabile ?
In futuro, certamente. Oggi non si discute nemmeno sul fatto che i profughi vengano rimandati in Libia dove si sta ancora combattendo e dove il governo controlla soltanto un territorio limitato. L’UE potrebbe presto aiutare – mediante assistenza umanitaria ed economica e l’addestramento delle forze di sicurezza – il Premier Fayez Serraj (riconosciuto a livello internazionale) a stabilizzare il Paese. Ci auguriamo che nei prossimi mesi la missione navale dell’UE possa essere autorizzata dal governo di Tripoli a entrare nelle acque libiche al fine di fermare le imbarcazioni dei trafficanti di profughi.

La Nato dovrebbe attivarsi contro questi trafficanti anche al largo della Libia, come nell’Egeo ?
Vi sono dei piani di coordinare le Missioni UE e NATO nel Mediterraneo. Se ne è discusso positivamente lunedì ad Hannover nell’incontro tra i leader di Stati Uniti, Germania, Italia, Francia e Regno Unito.

Se Schengen non funziona, vale ancora la pena mantenere le disposizioni comunitarie sull’asilo (Trattato di Dublino) ?
Le disposizioni possono essere cambiate, ma finché sono in vigore, vanno osservate. Auspichiamo che i regolamenti di Dublino vengano modificati. Schengen potrà sopravvivere solo se l’intero peso non gravi esclusivamente sulle spalle di quei paesi che sono i primi ad accogliere i profughi o che sono meta preferita dei richiedenti asilo. Il peso va suddiviso tra tutti i 28 Stati europei.

La crisi dei profughi rappresenta un rischio per il futuro dell’UE ?
Oggi c’è un rischio per l’Europa non solo a causa della crisi dei profughi, ma anche a causa delle conseguenze della crisi finanziaria e del referendum sull’UE in Gran Bretagna. Bruxelles si è attivata solo molto tardi sul tema della migrazione – solo nell’estate scorsa e su pressione del governo italiano è stato varato un piano europeo. L’UE sta ora recuperando il tempo perso. La crisi migratoria è iniziata parecchio prima dell’agosto 2015 e non terminerà nell’estate del 2016. Non è possibile arrestare flussi migratori. Ma è possibile gestirli – mediante la cooperazione.

Fonte: esteri.it

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